Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

mercoledì 23 novembre 2011

RICETTA D'AUTORE



Giunto è l’autunno, in certe lande è sceso già l’inverno, e cosa c’è di meglio che gustare una bella zuppa fumante? Se la zuppa in oggetto è una ricetta tradizionale abruzzese cucinata dal nostro amato cantante, col grembiule e col cappello da cuoco, il meglio potrebbe assurgere al rango di meglio assoluto. La ricetta è cascigni e fagioli. Nasce come piatto contadino, povero. I cascigni sono una sorta di cicoria selvatica, di facile reperibilità. Se non è proprio il tarassaco, è qualcosa che gli assomiglia molto. Assai utilizzato in Abruzzo in diversi piatti tradizionali, zuppe e non solo.

Mimmo (mi corre l’obbligo di dire che sto dando libero sfogo alla fantasia, ma il mio racconto potrebbe trovare riscontro nella realtà) indossa un paio di comodi pantaloni di velluto, una camicia di flanella a quadrettoni, un cappellaccio da brigante, e di buon passo (due passi al secondo, falcata lunga) va a cogliere i cascigni. Ne riempie due bei bustoni. Li porta a casa e ordina (con gentilezza) alla fantesca, quella che vorrei tanto sostituire quando andrà in pensione, o almeno affiancare come avventizia, di lavarli per bene. Esce di nuovo, questa volta con un bel cesto, e va nel bosco a cercare funghi. A lui piacciono molto gli spinaroli, che io non sapevo manco cosa fossero. Per quello devo ringraziare Guido Piovene, che nel suo Viaggio in Italia, ci racconta “Se ci spingiamo fra i monti, a Penne potremo mangiare quei cibi tradizionali che ormai scompaiono, i maccheroni alla chitarra, le minestre condite con erbe aromatiche inconsuete, ed i piccoli funghi spinaroli. Si scovano nelle montagne in cespi fitti nascosti da un velo di terra e segnalati dal rigonfio.” Piovene scriveva nel 1957: pare che ora gli spinaroli, così detti perché nascono in terreni dove crescono pruni e rovi, di cui sono simbionti, siano assai più rari di un tempo. Pare anche che inizino a nascere per San Giorgio, il 23 aprile, e quindi se Mimmo ci va in questa stagione, in giro per il bosco in cerca di funghi, penserà a quanto sarà bello per San Giorgio imbattersi in una famigliola di spinaroli (calocybe gambosa, o anche lyophillum/Tricholoma georgici) ma si accontenterà di altre varietà, altrettanto buone per condire gli spaghetti alla chitarra, che non è come potrebbe pensare qualcuno quella mitica comprata a Perugia, con la custodia di cartone, ma un apposito strumento di legno cui sono fissati dei fili d’acciaio, (o altro metallo?) sui quali si stende la sfoglia di pasta. Esercitando una pressione con il mattarello, si ottengono degli spaghetti a base quadrata da condire con ragù, in particolare di castrato, che a Mimmo piace molto, o con i funghi, o in altro modo. Io ad esempio, a Penne, ho mangiato gli spaghetti alla chitarra con zucchine e funghi. La pasta era squisita, ma i funghi erano, ahimé, champignons, che nei ristoranti dovrebbero essere vietati: meglio non preparare piatti a base di funghi quando si hanno a disposizione solo quelli coltivati. Allo stesso modo dovrebbe essere vietato utilizzare la cosiddetta polpa di granchio, o surimi, un impasto di scarti di merluzzo, latte e coloranti, nelle trattorie e ristoranti delle città di mare, la mia in testa. Io mi infurio sempre quando ordino un’insalata di mare, o un risotto alla pescatora, e mi trovo questo succedaneo tra gli ingredienti. Il ristorante è depennato dalla mia lista, ma così facendo, alla mia portata, ne restano sempre meno. Molti miei concittadini mangiano tutti contenti e si stupiscono della mia indignazione.

Tra una raccolta di cascigni, e una di funghi, e una mia digressione, si è fatto un po’ tardi. Mimmo deve rientrare: lo attende l’accogliente cucina, un certo numero di ospiti in carne e ossa, e poi noi, ospiti virtuali della sua mensa. Ve l’ho fatta desiderare, la zuppa, intenzionalmente, solo perché la possiate gustare di più.





Eccola, così come lui l’ha riferita a un giornalista, spero non di quelli che chiedono a tutti i personaggi con un minimo di notorietà di dargli una ricetta: meno male che l’ha fatto con Mimmo. «La mia ricetta del giorno? Cascigni e fagioli, una specie di zuppa che si fa con questo cicorione selvatico che va bollito in acqua salata, mentre in un'altra pentola cuociono i fagioli. Si uniscono a metà bollitura, si aggiunge un soffritto di olio, aglio e peperoncino e si ultima la cottura. Una favola col pane croccante e un filo gentile d' olio nuovo». Detta così è semplice semplice, poi Mimmo ama la sintesi. Qualcuno (io pure in genere, in preparazioni analoghe, anche se non ho mai fatto una zuppa di cicoria, procedo così) lessa i cascigni, li scola, conserva l’acqua di cottura, li fa rosolare nel soffritto già imbiondito, unisce i fagioli parzialmente cotti, aggiunge l’acqua di cottura e porta a termine la cottura. Noi però ci atteniamo alla ricetta del dottore, che va da sé, di ricette si intende molto. Mi raccomando il filo d’olio quando la zuppa è già servita nel piatto, con una bella fetta di pane abbrustolito, e che sia olio delle colline aprutine. Mimmo ci ricorda che ce ne solo altri, oltre quelli di Loreto e Pianella, i più noti. A Loreto c’è un bel museo dell’olio, o meglio della cultura olearia, e la visita guidata è curata da una simpatica e preparata giovane signora che si chiama Sandra. Non dimenticate di accompagnare la zuppa con un bel Montepulciano d’Abruzzo, magari uno di quelli del progetto Bellavita, così sarà un momento di perfetta letizia.

E ora Mimmo, va benissimo rilasciare qualche lunga intervista, va bene avere tante idee in testa, ma ti imploro, vai oltre le dichiarazioni programmatiche, quaglia, produci: smuovi un po’ le acque, che mi servono spunti di scrittura. Altrimenti a questo punto, non mi restano che due vie: o continuare con le voci del dizionario, e sarò costretta a tirare in ballo pure il calcio, o raccontare la tua esistenza nel liquido amniotico; anzi, ora che ci penso, potrebbe essere un post davvero interessante…

mercoledì 16 novembre 2011

...DONNE!

“La donna è il migliore amico dell’uomo”. Questo è un noto aforisma del nostro amico dal multiforme ingegno, coniato sul calco de “Il cane è il miglior amico dell’uomo”.
Di cani abbiamo già parlato la scorsa puntata: li tiene in gran conto, quindi l’aforisma, spiritoso, conferma la sua considerazione e il suo affetto per le donne. Pare che l’aforisma faccia molto arrabbiare certe signore amiche di famiglia. Ecco come visualizzo la scena: Mimmo rientra a casa, tutta perfetta e ordinata, anche se lui, quando riceve i giornalisti, si scusa sempre per un inesistente disordine. Nel salotto un garrulo gineceo: un gruppo di signore prende il tè, che da quelle parti è molto sontuoso. Ha con sé tutto il suo inseparabile corredo di borse e valigette, di medico e di cantante; sorride e saluta, indi esclama: “La donna è il miglior amico dell’uomo!” Le tranquille signore si trasformano in Erinni, e il povero Mimmo diviene bersaglio vivente di fette di torta, pasticcini, e piccoli toast. Così impara. Veramente qualche pasticcino riesce ad acchiapparlo con un balzo atletico da portiere in parata: peccato sprecare tutta quella grazia del cielo.

Ci sono alcune figure femminili ricorrenti, nei racconti di Mimmo legati al passato, dalla maestra di pianoforte, che sembra uscita da un romanzo ottocentesco, descritta rossiccia e con le basette, assai somigliante all’Alfieri, (spero non abbia eredi che possano dispiacersi per queste considerazioni) alle due zie, l’una paterna, l’altra materna, spesso menzionate da lui: una è la zia Elsa, e la seconda la zia Memena. La prima, biologa, che lui ritrae in casa intenta a trafficare con certi esperimenti sugli insetti, finalizzati agli studi per la tesi di laurea, gli ha fornito, insieme con altri membri della famiglia, l’input scientifico, e l’accesso a una ricca biblioteca di discipline scientifiche. La seconda, la famosa zia Memena, era la proprietaria del cinema di Penne, dove il piccino e poi il ragazzino, si faceva le ossa di “ardente cinefilo.” Della biblioteca filosofica abbiamo già detto in diverse occasioni. Un’altra figura femminile familiare è stata tratteggiata con molta delicatezza da Mimmo in Canzone a mio nonno: "la più bella della città, sempre fedele e sempre riservata". Bellezza, fedeltà e riservatezza sono qualità femminili che sicuramente apprezza. Quasi si teme di continuare il discorso per paura di profanare un ricordo che appare quasi sacro. Mi pare che queste signore gli abbiano lasciato un’ottima eredità, un ricco patrimonio di ricordi e di valori.

Ne avrà incontrate tante, di donne, nel corso della sua vita e della sua attività artistica e professionale, e avrà intrattenuto rapporti d’affetto e di stima, come tutti. Al pari avrà avuto qualche rapporto un po’ conflittuale. Non credo che abbia applicato loro favori o sconti o privilegi particolari, per il solo fatto che fossero donne, ne’ per converso, discriminazioni per lo stesso motivo.
Le collaborazioni artistiche al femminile ci sono state; ricapitolando, quasi un intero album (sette canzoni) e una tournée con Gigliola, un duetto con Paola e uno con Andrea, all’interno di Aria di famiglia, rispettivamente Il suono delle campane e Due amiche; i testi di due canzoni scritti per lui da Raffaella (Fandango e Arte moderna). Un vecchio desiderio di collaborazione mai realizzato con una cantante straniera di fama mondiale, (Marianne Faithfull) l’auspicio di una collaborazione con la sua cantante italiana preferita, che finora non si è concretizzato. Non sono qui a incalzarlo perché ciò accada. Se arriverà l’occasione giusta forse lo farà, quando magari chi lo attende ci avrà messo un macigno sopra. Tutte cose già dette, che non mi dispiace rispolverare. Mi sono studiata a fondo l’album Tuttintorno, con l’ascolto di tutte le canzoni di Mimmo per Gigliola. In passato mi ero limitata a quelle che canta anche lui. Continuano a venirmi i brividi quando ascolto Odor di maggio e Come viviamo quest’età. La canzone più locasciulliana mi sembra Le storie. Pagherei oro per sentir Mimmo cantare Io sono tua, che nel caso diventerebbe Io sono tuo. C’è qualche musicista donna che lo accompagna nei concerti, o nei dischi, da sola o inserita all’interno di un ensemble di plettri, o di un quartetto d’archi. Si ricorda qualche partecipazione di altre signore della musica ad alcuni suoi concerti… Altro non mi pare di ricordare, ne’ di altro mi pare di aver trovato tracce.

In una vecchia intervista Mimmo faceva riferimento all’assenza di teen-agers più o meno scalmanate pronte ad attenderlo dopo i concerti. Il tono dell’affermazione era alquanto scherzoso, e non pareva particolarmente turbato da quella assenza, della quale io non sono tanto sicura. L’intervista risale agli anni d’oro, quelli della grande notorietà, in cui tuttavia un pubblico composto da migliaia di persone, si alternava a un pubblico più d’èlite nelle prime tournées teatrali. A quei tempi, anche per sua stessa ammissione, era molto più serioso (aggettivo che racchiude un concetto che non mi piace: meglio serio che serioso) e saggio di quanto non dica di essere ora. Lo affermo sempre anch’io: ha acquistato leggerezza. Lui, con una punta di scherzoso autocompiacimento, usa definirsi ora un po’ scapestrato, o forse scavezzacollo. Serio lo è sempre.

Nonostante il sorriso e la cordialità forse non invitava, come non invita, a certe manifestazioni d’affetto e di apprezzamento troppo marcate, ma a atteggiamenti più composti di affettuosa stima e considerazione, ai quali in qualche caso ci si potrebbe adattare, pur desiderando modi meno cauti di esternare, per non urtarne la riservatezza e metterlo a disagio. Almeno a me sembra così.
Qualche sconsiderata in grado di non contenersi sarà capitata anche a lui: fa parte del gioco ed è da mettere in conto.

Al di là di tutto ciò, Mimmo gode di un largo seguito femminile, perché le sua canzoni e anche il suo modo di essere e di porsi, ben si adattano a una certa sensibilità marcatamente femminile, romantica, sottile, tesa ad andare al di là di ciò che appare, e incline a dare molto significato a ciò che raccontano non solo le parole, ma anche gli sguardi e il non detto. Le sue estimatrici leggono negli occhi di Mimmo cose che le sue parole non sempre esprimono, e che magari non vorrebbero neppure esprimere; non dimentichiamoci che l’immaginazione è un’altra spiccata caratteristica femminile: forse leggiamo in lui cose che non pensa nemmeno, ma ci piacerebbe se le pensasse.

Per quanto riguarda le sue canzoni, in esse c’è una costante presenza femminile, a volte evidente, altre più nascosta. In passato avevo dedicato all’argomento un post dal titolo Cherchez la femme. Ecco il link se qualcuno volesse leggerlo. http://folgoratadaunapiccolaluce6.blogspot.com/2009/11/cherchez-la-femme-da-nadia-lucyfigure.html

Lo rileggerò anch’io, per vedere che effetto mi fa tornare su me stessa dopo tanto tempo, se fa parte di quelli che mi fanno venire voglia di nascondermi, o se riesce a suscitarmi un moderato autocompiacimento.



Tre esercizi facili facili.



1)Leggere il testo della canzone



LE STORIE



Tutto qui, una storia se ne va


mentre già


le altre complottano.


Conterà


Dio lo sa se conterà


un'ora in più


un giorno in più


un anno in più


per riconoscerle.


Lascia che tutto sia così.


Lascia che adesso tutto rimanga qui.


No, non le disperdere


non lasciarle andare via.


Tutto qui, controluce rivedrai


tutto il viavai


che ti gira intorno.


Passerà


come un fiume passerà


un'ora in più un giorno in più


un anno in più per riconoscerti.


Lascia che tutto sia così.


Lascia che adesso tutto si fermi qui.


No, non le confondere


non dimenticarle lì.


No, non le confondere


non dimenticarle lì



2) Ascoltare la canzone cantata da G.C.







3) Immaginersela cantata da un uomo, uno a caso: il suo autore.




La prossima volta cercherò di non sentire le voci, prometto, ma sarà difficile resistere al canto delle Sirene: ci ricascherò presto.

martedì 8 novembre 2011

VEDI ALLA VOCE CANE




Ancora voci da esplorare, in una sorta di piccolo dizionario dove non è condizione essenziale l’ordine alfabetico, ma casualmente in questo caso, lo rispetta: dopo i baci, viene il cane.

Che tra Mimmo e i cani ci sia un’ottima relazione me lo attestano alcuni fatti certi e le mie solite intuizioni, imprescindibili. Intanto l’ho visto, un cane, nella sua casa di campagna. Un bel pastore tedesco dall’aspetto tranquillo, inquadrato per qualche secondo dalla telecamera, unico essere vivente ripreso in quella circostanza, a parte il padrone di casa-anfitrione e la conduttrice. Molto telegenico, si mostrava a proprio agio e magari avrebbe gradito dire la sua. Non gli hanno chiesto niente e, riservato per l’educazione ricevuta, non si è intromesso.

C’è una nota canzone che si intitola proprio Il cane. La troviamo dentro Uomini, e siamo nel 1995. Ecco come Mimmo, in una intervista a Raro, (N.59, ottobre 95, pag.18-21: un bell’articolo monografico che ne ripercorre le gesta; accade anche oggi e chi scrive di lui, ha a disposizione un nuovo strumento da consultare, dove trova tutto con poca fatica) racconta la canzone. “Il cane ha un significato importante in questo disco, perché al di là dell’immagine del cane stesso, è una metafora sul cane zoologico, biologico, amico dell’uomo, e il cane invece che ti morde, che ti fa male, quello che chiami cane in modo spregiativo. Quando si deve offendere qualcuno gli si dà del cane; il cane poi ha un codice che l’uomo non ha, ma l’uomo può avere a volte una crudeltà e malvagità maggiore, può infierire e far male più di un cane. Questa è la chiave del brano”.






Proprio non riesco a capire perché si debba utilizzare come epiteto offensivo, nei confronti di qualcuno incapace o cattivo, anzi crudele, il termine cane. I cani non se lo meritano.

Al di là della chiave del brano svelata dal cantante, che in altre interviste è andata ancora più sul particolare, io mi vorrei soffermare sull’aspetto più immediato, e cioè sul rapporto di intesa complice e giocosa tra Mimmo e il suo cane di allora, o di altri cani che realmente gli hanno fatto compagnia in vari momenti della sua vita, e ai quali ha dedicato tempo, giochi e affettuose cure e attenzioni.

Un amico di Folgorata, le fece a suo tempo una soffiata: su un numero di Topolino di molto tempo fa, uscì un’intervista tutta imperniata sul rapporto tra Mimmo e Cane di Mimmo. Appena ricevuta la notizia, mi si sono parate davanti alcune paginette del giornaletto, mio compagno assiduo d’infanzia, e non solo, corredate di foto: potrebbe essermi realmente passato tra le mani quel numero, chissà, o potrebbe essere semplicemente un falso ricordo, scaturito dalla segnalazione. Mimmo ha simpatia per gli abitanti di Topolinia e ancor di più di Paperopoli; ha fatto proprie alcune delle espressioni più felici dei personaggi: è cosa nota.

L’amico di Folgorata è sempre tale, anche se la frequenta meno per validi e giustificati motivi. Se gli capitasse di leggere, gli lancerei un accorato appello: “amico, ho il sospetto che la tua cantina versi in condizioni di raro disordine; è piena di cianfrusaglie inutili, che non ti decidi a buttare via. Questo è il momento giusto: magari trovi quel numero di Topolino gelosamente custodito, e mi invii la copia dell’articolo”.

In diverse canzoni di Mimmo sono menzionati i cani, oltre quella citata prima. Ce n’è uno che gli sta morendo tra le mani, in Canzone di sera. Poi dovunque cani che abbaiano: per tutto e per niente; davanti al portone o alla luna; al vento finchè non ce la fanno più, ma c’è anche la certezza che non sia vero che i cani, se abbaiano non mordono: in questa canzone, 1904, che è la versione italiana di un brano dei suoi amici bernesi, dobbiamo cogliere la metafora. Anche qui si va oltre i quattrozampe, e si parla di pessima gente che, tra le altre nefandezze commesse, i cani li addestrava per mordere e aggredire. (Questa è una mia considerazione: nella canzone non si parla di addestramenti.)

Fin qui i fatti certi; ora passiamo alle intuizioni. Non è difficile pensare che i cani fossero compagni di giochi e di avventure di Mimmo fin dall’infanzia: le case in campagna, i campi, le vigne, sono scenari in cui cani e bambini in libertà, si muovono molto bene. Anche cani da caccia, magari, in un tempo e in una cultura in cui la caccia forse poteva avere un senso che ora, almeno per me, non può avere più. Difficilmente poi, in casa di un veterinario, potevano mancare i cani. Insomma, se non lo so con certezza, mi pare del tutto verosimile ipotizzare la presenza di amici pelosetti, fin dalla più tenera infanzia. Secondo me ci sa fare, Mimmo, con i cani. Ci va d’accordo; preferisce quelli grandi, insomma non ce lo vedo col pechinese, o col barboncino, ma niente vieta di supporre che i piccoli vivano in città, i grandi in campagna.

Non mi rimane che raccontare un sogno: un sogno vero, di quelli a occhi chiusi, non una delle mie solite fantasticherie da sveglia. Si, lo so, i sogni non si dovrebbero raccontare: non è elegante, è terribilmente noioso, (lo so perfettamente: sono una entusiastica estimatrice di Donna Letizia) e coi sogni si corre il rischio di svelare aspetti imbarazzanti di sé, tuttavia ho deciso di correre tutti i rischi possibili e di raccontarlo, questo sogno.

Una notte della prima settimana d’aprile, appena rientrata da Roma, dopo il concerto a teatro.

Appena sveglia l’ho annotato: mi aggiro per una Roma senza molto traffico, ancora assonnata, in un quartiere che è una commistione di strade e monumenti realmente esistenti, ma distanti tra loro. La Basilica di San Giovanni in Laterano prende sottobraccio Via dei Fori imperiali e il Circo Massimo. Antiche stradine acciottolate e pini giganteschi. Ruderi e vedute come di capricci settecenteschi.

Il mio vagare casuale a un certo punto sembra essere finalizzato: devo consegnare qualcosa al Cantante; un pacchetto dal contenuto misterioso: cosa sarà? Arrivo davanti a un’area archeologica molto mal tenuta: arbusti ed erbacce la infestano e la rendono poco praticabile. L’area è parzialmente recintata e ad essa si accede attraverso un cancello arrugginito. D’improvviso si apre, il cancello, e ne esce una moto rombante: ecco il Cantante, in tutto il suo splendore; solo i tratti del volto gli appartengono, per il resto sembra un lottatore di wrestling; molto alto e imponente, ha lunghi capelli biondi fermati da una fascetta celeste, e sopra il costume da wrestling, indossa un ampio manto azzurro e serico. Mi avvista e senza neppure permettermi di aprir bocca (i miei detrattori sostengono sia difficile), avendo capito che ho da fare una consegna, mi lancia un veloce: "Sto andando al lavoro, ora non ho tempo, parlane con la signora, la mia dog sitter, anzi dalle una mano". Si manifesta all’improvviso, la Dog sitter, prima non c’era; è un misto tra la Fata turchina e Jessica Rabbit oversize, e tiene due cani al guinzaglio: uno è un leccatissimo barboncino tinto d’azzurro, l’altro una specie di grosso schnauzer, anch’esso risciacquato con l’azzurrino. Non mi rimane che ubbidire; la Dog sitter si appresta a percorrere una discesa, con i cani al guinzaglio: mi ordina di seguirla, senza mezzi termini e mi mette in mano una paletta e una busta. Il Cantante, dall’alto della sua rombante Harley Davidson, solleva il pollice. OK. Forse ho speranze di lavorare finalmente nel suo indotto. Se non fantesca, raccoglitrice.

Fine del sogno: nei sogni ci sono sempre esperienze reali e cose viste, quotidiano e passato, desideri e qualcosa del nostro personale sottosuolo. Tutto quell’azzurro mi fa ben sperare. Ottimistiche previsioni, ma non per me, per il Cantante che attraversa una seconda giovinezza, pieno di nuovi progetti ed entusiasmo. Speriamo non gli venga davvero in mente di farsi biondo: per il resto, attendo fiduciosa gli sviluppi.










In una prossima puntata: VEDI ALLA VOCE...

martedì 1 novembre 2011

VEDI ALLA VOCE BACI


A uno sguardo superficiale di un osservatore poco attento, Mimmo, uomo spiritoso e cordiale, ma abbastanza schivo, sembrerebbe uno poco amante dello smack smack. Non è uno mieloso, è essenziale, poco incline alle smancerie, per capirci. Invece a volte l’apparenza inganna: i baci fanno parte del suo personale corredo di comunicazione e di esternazione affettiva. I baci più sentiti li porge al pianoforte, durante e al termine dei concerti. Il rituale prevede una accurata pulizia dello strumento con la manica della giacca. Una volta che è bel lustro, le labbra del cantante si posano dolcemente sulla superficie e il pubblico può perfino udire il piccolo schiocco, discreto. Al bacio seguono parole d’amore nei confronti dello strumento compagno di strada, a volte solo per una sera, a volte compagno ritrovato a distanza di tempo. Lo amo questo pianoforte - dichiara Mimmo, e il bacio altro non è che il suggello di una danza d’amore tra pianista e strumento in stretta sintonia.

Il pubblico degli affezionati, lo sa, che c’è la liturgia del bacio e non ne è sorpreso come invece il neofita, che ne è un po' stupito, ma anche colpito e divertito.

Almeno io, la prima volta, dinanzi al corteggiamento, ho provato quelle sensazioni. Non me lo aspettavo. Così come non mi aspettavo di vederlo baciare e abbracciare con fare cordiale e affettuoso, dei ragazzi conterranei giunti in un’altra città apposta per sentirlo. Te lo immagini più tipo da vigorosa stretta di mano, magari da pacca sulla spalla. Nel suo concerto in patria era un trionfo di baci e abbracci, sentiti e commossi, ma lì erano in gioco sentimenti veri e quando ci sono sentimenti veri, anche un carattere un po’ riservato e ritroso a esternare, ne traduce con facilità il linguaggio in gesti concreti.

Usa anche, e anche questo può sorprendere, al termine del concerto, inviare baci in punta di dita al pubblico convenuto. Anche qui devo confessare che se mi avessero raccontato di un Mimmo nell’atto di soffiare baci, non ci avrei creduto. In tutto questo suo baciare, pianoforte, amici, estimatori conosciuti e affezionati, c’è molto rispetto e riservatezza, molta misura. Non l’ho mai visto sopra le righe, mai, mai un eccesso sul palco e nei luoghi in cui è ospite. Qualcuno sostiene di averlo visto, un po’ sopra le righe, ma io mi attengo solo a fatti certi. Certo mi sarebbe piaciuto assistere con i miei occhi a quel concerto in cui, secondo un testimone (ma io a questi dei forum ci credo poco, e poi usano un linguaggio orribilmente sciatto: non gli si può dar troppo credito) complice il freddo e un rosso piemontese corposo, Mimmo si mise a giocare alla rockstar maledetta, ma non ci furono baci.

C’è un video di Pixi Dixie Fixi, durante uno dei tanti concerti in Abruzzo. La canzone si presta sempre a un certo coinvolgimento del pubblico, il clima è sempre allegro. Il cantante, seppur allegro, ha sempre addosso il suo aplomb da primario. La bisura si chiama, dalle mie parti, ed è un termine difficilmente traducibile che racchiude in sé aspetto esteriore, gesti, comportamento. In questo video, molto scadente come qualità, ma ugualmente godibile perché l’audio è buono, Mimmo si produce in una serie di cinguettii di uccellini e bacetti d'amore, così li definisce, e invita il pubblico a fare altrettanto. Alla fine è un tripudio di cinguettii, schiocchi di bacetti, applausi e risate. Lui schiocca, cinguetta, ride e incita il pubblico, ma la bisura da primario è la sua pelle.

Altri baci: l’ho visto chinarsi intenerito a baciare una bimbetta, mandata sul palco a porgergli un serto di fiori. Anche in altre occasioni gli hanno inviato doni per mezzo di bimbette. Si vede che non lo ritengono tipo da fanciulla più cresciuta, fasciata in panni succinti (in genere quelle che consegnano omaggi sono così): meno male.

In occasione di qualche partecipazione a manifestazioni che sono poi passate in tv, essendo uomo di mondo, ha dovuto soffrire un po’ e adattarsi al rito del "bacio mondano" (di quelli che ormai tutti utilizziamo, che consistono in un vago sfioramento di gote e altrettanto vago gesto di sporgere le labbra nell’atto di baciare l’aria: pare ormai di cattivo gusto baciarsi davvero) alla conduttrice di turno, bellissima e vatussa.

Nelle canzoni di Mimmo più che baci si intuiscono abbracci, e sempre, costante, quel desiderio di riscaldare membra gelate. Molto romantico, molto delicato, molto altruista. Tra le righe dei versi, tra le pieghe del cuscino uno può cercare e forse trovare baci e una buona dose di sensualità, assai più intensa e preziosa perché sottesa, mai esibita. Mimmo in questo è maestro e la sua riservatezza, oserei dire il suo pudore, ottengono nell’ascoltatore l’effetto di sollecitare l’immaginazione.

In due canzoni si fa esplicito riferimento ai baci, e sono Fandango e Una vita che scappa. Curiosamente il testo di entrambe non è di Mimmo, ma di un’altra autrice e di un altro autore: Mimmo ha dato il suo placet e ha impresso il suo stile. Il primo è un bacio senza fine fuori dalla città e io confesso che in tante occasioni (ho questa tendenza a immedesimarmi) ho sentito l’esigenza di respirare a fondo, durante l’ascolto; la seconda contiene un’aspirazione a un bacio, a suo volta presago di una notte insonne. A me gli uomini che si lanciano in abbordaggi di qualsiasi natura non sono mai piaciuti, però, da ventidue anni, ho un’autentica passione per questo che ci prova, e più diventa audace nel provarci, più mi seduce. Le canzoni servono anche a proiettarci in una dimensione diversa dalla nostra realtà e dai nostri gusti.

Infine c’è Via di qui. La bocca è un fuoco che scotta/ la tua è come la mia/ in questo gioco violento/ o di innocente poesia. Mimmo, non è prima volta che lo dico, ma ognuno ha i suoi cavalli di battaglia, solo per questa canzone ti concederei un vitalizio: capace di trascinare in un vortice, troppo romantica, e dire che a guardarti senza sapere niente di te, difficilmente può venire in mente che hai tutto questo sangue romantico, e che sei sensibile ai tramonti e a certe atmosfere fosche, fragore di tuoni e onde mugghianti che si infrangono sulla scogliera. Forse per questo a te chiedono se sei mai rimasto intrappolato nel traffico e nessuno oserebbe mai chiederti se sei rimasto intrappolato in una storia d’amore.*** Io non lo farei, ma solo per timore di essere trasformata in un blocco di ghiaccio. Continuo tuttavia a insistere su questo concetto: andare sempre oltre ciò che appare, a volte la bisura non la racconta tutta. Questo in generale; nel caso specifico del nostro cantante, la chiave d'accesso è l'ascolto attento delle sue canzoni: il modo più appropriato per fare la sua conoscenza e anche il più sano per mettersi le ali e per vivere avventure romantiche, senza compromettersi troppo.

***Questa non me la sono inventata. Durante una trasmissione radiofonica a Mimmo è stato chiesto se gli fosse mai capitato di rimanere intrappolato nel traffico. A un altro signore, co-conduttore con la formulatrice della domanda stessa, del programma in questione, è stato chiesto se fosse mai rimasto intrappolato in una storia d’amore. Mimmo ha riflettuto qualche secondo e poi ha esclamato: perché a me nel traffico e a lui in una storia d’amore?

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