Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

lunedì 30 agosto 2010

LA CENA DELLE BEFFE



La spiaggia della foto, che fa parte del mio album personale, è una piccola bellissima spiaggetta a due passi dal centro di Cagliari. Non so se il nume tutelare di questa pagine ami il mare; da alcune notizie lette mi pare di capire che non sia in cima ai suoi desideri, una vacanza al mare, e che il mare non sia proprio il suo elemento naturale. Così ha confidato sottovoce (in un libro che ha avuto poca diffusione, quindi, si, sottovoce) un suo amico, che invece del mare si dichiara appassionato.

Per quanto mi riguarda, pur sapendo che così esattamente non è, ho il vezzo di definirmi donna di montagna in ogni mia fibra. Ho avuto la sorte di nascere da genitori originari di un bel borgo di montagna, inurbati nel capoluogo, come tanti nel dopo-guerra, ma pur essendo nata e cresciuta in una città di mare, mi sento, dentro, creatura di roccia e di bosco. Mi sento molto sarda pellita, e mi diverto a fantasticare su un mio possibile ruolo nell’antica resistenza locale contro l’invasore che veniva dal mare, che infatti, proprio per questo motivo, molti Sardi guardano con una certa diffidenza. Non so se posso avere l’aspetto di sarda pellita; spesso, e anche questo forse è un vezzo, sostengo di avere le sembianze di una dea madre. Il mio "amico" Mimmo Locasciulli, invece, una bella faccia da irredentista vestino, ce l'ha davvero, e lui si, che me lo vedo, nel ruolo di capo della resistenza del suo antico popolo, contro il conquistatore romano.
Per chi non lo sapesse, ma i pochi che entrano qui con la bussola lo sanno bene, e anche per gli altri casuali ospiti son cose che si studiano (studiavano) alle scuole elementari, i Vestini sono uno degli antichi popoli dell’Abruzzo; il nome pare derivare dalla dea Vesta (guardacaso io mi sono autoproclamata vestale del sacro tempio di Mimmo: quando si parla di coincidenze…) e l’antico nome della cittadina natia, Penne, era proprio Pinna Vestinorum. A Penne esiste una strada che si chiama Corso dei Vestini, e ciò testimonia che, nella memoria dei Pennesi d’oggi, il ricordo dell’antico e fiero popolo è ancora saldamente radicato.
Una come me, che annovera nel suo pedigree generazioni e generazioni di pastori poveri, abituati a resistere alle intemperie e a macinar chilometri a piedi o a dorso d’asino, per badare alle sparute greggi, unico sostentamento, dovrebbe essere amantissima della carne di pecora. In realtà, e qui mi attirerò tanti strali da parte degli appassionati del prodotto, io la carne di pecora la odio, non ne posso sentire neppure l’odore, e anche vederla sui banchi delle macellerie non mi procura un gran piacere. Chissà, magari è proprio perché ha costituito per secoli l’unico tipo di carne (a parte la modesta provvista derivata dalla macellazione del maiale allevato in casa) che, non certo spesso, i miei avi potessero permettersi, (pertanto ogni mia cellula deve essere totalmente impregnata di grasso ovino) che io ho probabilmente sviluppato questa intolleranza, senza possibilità di eccezioni.
Sabato scorso il mio chef di fiducia (io ho una vita divisa più o meno a metà, e in ciascuna di queste metà svolgo ruoli diversi: nella prima sono nutrice e quindi cucino, nella seconda sono nutrita, e quindi mangio, e poi “rigoverno”, che le cene me le dovrò pure pagare) per vedere la mia reazione, che cosa mi va a preparare? Un piatto a caso, che ha attinenza con i Vestini, quelli di ieri e quelli di oggi: i famosi arrosticini, che sono degli spiedini di carne di pecora tagliata a piccoli cubi, arrostiti seguendo delle regole ferree, e poi serviti caldissimi, ben disposti su un piatto in cerchio, a formare quasi un fiore. Certo la pecora era sarda, il cuoco, (ottimo) toscano trapiantato in Sardegna, ma l’intento era buono. Anche gli arrosticini sicuramente lo erano, a giudicare dal successo che hanno avuto. Spariti, divorati. Rigorosamete accompagnati da un buon Montepulciano d’Abruzzo, dal quale, senza opporre resistenza alcuna, mi sono lasciata, questa come altre volte, sedurre volentieri. La pecora, no, non mi ha sedotto: non ho assaggiato neppure un cubetto di carne. Il cuoco birbone, che assicura di aver fatto tutto questo lavoro per me, come omaggio alla mia passione abruzzese, mi porgeva uno spiedino, anzi me lo metteva sotto il naso, e proferiva le alate parole: Dai assaggiane uno, su, fallo per amor di Mimmo: pensa a lui e mangiane almeno uno.

Io, per converso: C’è un limite a tutto, e quel limite si chiama pecora; e poi cos’altro devo dimostrare a un uomo cui ho consacrato, da buona vestale, un anno intero della mia vita? Anche stasera ho brindato alla sua salute col Pecorino che mi hai servito come aperitivo, e col Montepulciano durante la cena. Ci manca il passito o lo spumante abruzzese, ma magari la prossima volta rimedieremo. Più di così temo di non poter fare.
Anzi, si, potrei, adesso che ci penso. Se li cucinasse il nume per me, in terra d’Abruzzo, con pecora abruzzese e fuoco e legna abruzzesi, forse potrei fare un tentativo, uno, a patto che il vino d’accompagnamento sia quello che produce lui, e che tra uno spiedino e l’altro Egli suoni la fisarmonica, come di tanto in tanto gli piace fare, e si cimenti in danze tradizionali. Vi sembra troppo? Forse è giunto il momento di sognare in grande stile, conquista dell’età. Viva gli arrosticini. Viva le pecore: se esisto, è anche grazie al loro prezioso apporto, anche se non me ne cibo.

domenica 22 agosto 2010

NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE, MA REPETITA IUVANT


Non sono ancora le sei, e sono qui a scrivere. Prima mi sono guardata allo specchio, e ho visto riflessa l'immagine di una donna dall'espressione dolce, rilassata e contenta. Non è la mia espressione abituale, anche se talvolta, per fortuna, si dipinge sul mio viso. Doveva essere così anche l'altra mattina quando un signore gentile, che incontro nella strada in salita che mi porta al lavoro, ha risposto al mio sorriso di saluto e ha esclamato: Che fortuna! Che bel modo di iniziare la giornata! Magari era una battuta galante e basta, però io l'ho presa per buona e mi sono cullata nella piacevole idea di poter, con la mia sola presenza e un sorriso, dare luce alla giornata di una persona. Ecco io oggi posso dire di aver iniziato la mia giornata, all'alba, in un modo che senz'altro la condizionerà positivamente e la illuminerà. Certo oggi qui splenderà il sole, ma sarebbe lo stesso se ci fossero nuvoloni plumbei e pioggia. Ho saputo ieri sera (Hai voglia di alzarti alle cinque anche domani mattina? ... Grazie!) che oggi alle cinque avrebbero riproposto a Rai 2 la Lezione d'autore, che è già andata in onda più volte, che io avevo già visto l'anno scorso a ottobre, e alla quale avevo dedicato due puntate nel mio blog agli esordi. A dire il vero mi sono svegliata molto prima, in genere ormai sono già sveglia alle quattro, ma credo che anche se avessi faticato a svegliarmi, per M.L. un sacrificio l'avrei fatto volentieri, così come gli appassionati dell'alba nascente rinunciano volentieri al loro sonno per vivere la magica esperienza.


Mimmo Locasciulli è stata oggi la mia alba, dalle dita di rosa, o per meglio dire che ha per dita delle rose, visto che stamattina sono molto ispirata e mi permetto una citazione omerica. Mi piacerebbe sapere cosa pensa il mio artista di culto dell'Odissea che è uno dei miei libri preferiti. Uno dei miei buoni propositi odierni, è di leggerne alcune pagine, magari quelle in cui Nausicaa va con le ancelle al fiume a lavare il suo corredo e incontra Odisseo ingrommato di sale, provato dal destino avverso, dalla nostalgia, dalle tempeste e dal naufragio, ma sebbene l'apparenza dell'uomo sia scoraggiante per chiunque, lei non ne ha paura e da subito coglie in lui l'eccezionalità al di là delle misere apparenze. Riuscire ad andare oltre le apparenze è senz'altro un dono.

Dopo aver vissuto una bella esperienza, in particolare aver letto un libro che molto mi ha coinvolto, a me capita di vivere per un certo tempo, breve in genere perchè per fortuna trovo presto qualcosa che mi fa provare emozioni altrettanto intense, un senso di perdita e di abbandono, in cui mi sento un po' orfana e vedova. Stesso stato d'animo ho provato appena in maniera inaspettata, senza preavviso, i riflettori si sono spenti su Mimmo che cantava con molta passione la canzone che da sempre accompagna i suoi soundcheck, Sign on the window di Dylan che io prima certo non conoscevo, ma che ora mi è diventata familiare. Non ripeterò passo passo le cose dette e le canzoni cantate, ne' descriverò di nuovo quel posto bellissimo in cui l'autore restio ha accettato di far entrare le telecamere. Mi viene da pensare che abbia accettato di farlo perchè l'ideatore del programma è un suo caro amico, Arnoldo Mosca Mondadori (in genere quando uno porta due cognomi è perchè vuole onorare i due rami della famiglia, noti come in questo caso) che lo stesso M. cita a proposito della manifestazione a Lampedusa, nell'estate del 2008, quella in cui fu inaugurata la celebre Porta dei migranti. Nella lezione Mimmo canta una versione di Idra, all'epoca ancora in gestazione, leggermente diversa rispetto alla versione che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare. Lo sappiamo bene ormai che Mimmo per amicizia fa molte cose che altrimenti non accetterebbe di fare. L'esempio classico sono le collaborazioni. Forse in un altro caso non avrebbe accettato di mostrare un luogo così suo, anche se un'altra eccezione la fece anni addietro: gli interni del video de Il futuro mi sembrano girati proprio nella casa di campagna a sei chilometri dall'Abruzzo, così Mimmo quando ci va, respira aria di casa.


Visto che qui dentro inevitabilmente ci facciamo i fatti suoi, possiamo dire che ha approfittato di questo periodo di riposo per recarsi nella sua terra, Mimmo, per quella voglia di mamma che irrefrenabilmente lo coglie. Sarà andato in giro per borghi e città, avrà fatto scorta di belle sensazioni e si sarà dedicato, come di consueto, ai sapori. Queste ultime battute per dire che alla fine, dopo aver combattuto non poco, e con risultati pessimi (ho dovuto mettere le cuffie per sentire poco e male) sono riuscita a sentire l'intervento del nostro alla trasmissione La terra di Radio uno. Intervento piccolo piccolo, a dire il vero, in collegamento telefonico mentre rientrava da Livorno, dove lui stesso (nessun ricorso a agenzie investigative) ci racconta i suoi programmi di vacanza e riposo. Poche frasi, però io di Mimmo non mi voglio perdere nemmeno le briciole, e quindi mi accontento anche di cose minuscole come telefonate dalla macchina. Andrò alla disperata ricerca di Canestrato, o altro pecorino abruzzese. Profuma di pecorino, ormai, questo blog, di pascoli, di erbe profumate. Ci sono sulla tovaglia virtuale le macchie rosso rubino violetto intenso del vino. A parte i vini, che si trovano facilmente, o formati di pasta, non mi è parso di vedere qui, in giro altri prodotti abruzzesi, ma devo esplorare con più attenzione. In alternativa, rimane la spesa online. Tanto ormai è diventata una consuetudine, però continuo a dire, così come è più bello comprare i libri in una libreria, i dischi in un negozio di dischi, sempre più raro, è bello scegliersi direttamente i prodotti alimentari, sentire i profumi, vedere i colori, gustare con lo sguardo prima ancora di portarli alla bocca. Andare al mercato è una festa, e consiglierei a quanti si trovassero a visitare la mia città, di recarsi al mercato di San Benedetto, un'occasione per entrare davvero nell'atmosfera della città. Nei miei viaggi, ahimè non troppo frequenti, cerco sempre di andare a visitare un mercato. Acquisto online, quando non ho scelta, mi adeguo e può essere comodo, ma nell'altro modo è tutta un'altra storia, molto più affascinante.


Chissà quante persone stamattina avranno avuto la mia stessa idea e si saranno messe davanti alla tv, magari con una bella tazza di caffè. Sarei curiosa di saperlo. Matti ce ne sono tanti, insonni pure, ma io non parlo di spettatori casuali, parlo di gente avvertita, che non c'è capitata per caso, lì davanti. Non lo saprò mai, come mai saprò tantissime cose che ardo dal desiderio di conoscere.

Ma la realtà nuda e cruda non sempre è piacevole, e, come ormai è noto anche da queste parti, io trovo una grande complice nell'immaginazione. Io sono di quelle che il potere molto volentieri continuerebbe a darlo all'immaginazione, perchè usando parole non mie: "Il miraggio dei sogni? Rifiutato. L'amore per gli altri? Dilapidato. L'immaginazione? Tutta spesa. La vita ormai è indifesa."




giovedì 19 agosto 2010

GUARDARSI DENTRO: OLTRE LA FEDE SENZA PERDERE DI VISTA LA SPIRITUALITÀ


Nel portare avanti quello che forse un po’ pomposamente, definisco “lavoro”, ma che prima di tutto è stato per me un “momento ludico” nonché di crescita personale, mi sono posta più volte il problema dell’opportunità di trattare o meno certi argomenti. Qualcuno potrebbe obiettare che, più che altro, avrei dovuto prestare attenzione al come, li trattavo, essendomi, in alcune occasioni, concessa l’arbitrio di condire i miei scritti con un concentrato di (discutibile) ironia che, in genere, una persona di buon senso che contempli l’ironia nel suo corredo di qualità personali, dovrebbe cercare di dosare con equilibrio e intelligenza, riservandola a momenti e persone che sappiano riconoscerla, condividerla, e che, soprattutto, non siano sconosciuti riservati, nonché personaggi pubblici, che in una buona metà della loro vita di dedicano a un lavoro serio e delicato. Certo sarebbe stato un blog più “politicamente corretto”, più in linea col personaggio, che forse l’avrebbe ritenuto degno di qualche piccolo intervento per correggere inevitabili imprecisioni, ma non sarebbe stato il “mio” blog, e certo mi sarei divertita molto meno.

Per scrivere biografie autorizzate, ci sono addetti ai lavori più o meno preparati per questo, e documentati, che poi mettono in vendita le loro fatiche, oppure talvolta gli stessi protagonisti, per dare di sé l’immagine più corrispondente al proprio sentire, e per non essere costretti a leggere sciocchezze altrui, scrivono le loro autobiografie. Proprio oggi leggevo alcune note biografiche, scritte da lui medesimo, di un cantante, autore dei testi e delle musiche delle sue profonde canzoni, ottimo conoscente, forse amico di Mimmo Locasciulli, cui lo accomuna anche il percorso di studi, che nelle notizie fornite lamentava proprio la debolezza e la parzialità delle cose scritte da altri su di lui.

Ricollegandomi al discorso iniziale, sull’opportunità di trattare certi argomenti, devo a onor del vero dire che nel caso di M.L. anche volendo (e io non avrei voluto non essendo esattamente il mio genere) sarebbe stato difficile andare a pescare nel torbido, o fare gossip e parlare di aspetti scabrosi o imbarazzanti, per il semplice fatto che non ci sarebbe stato nulla da raccontare. Casomai il riferimento potrebbe essere ad aspetti che attengono alla sfera dei valori personali, come la fede, ad esempio, che possono essere questioni che un artista non necessariamente ha desiderio di partecipare. Ho pensato di parlare di quest’ultimo aspetto in relazione a Mimmo, perché mi pare uno dei punti nodali dell’esistenza di una persona, il rapporto con la fede, o quantomeno con la spiritualità, e perché Egli a suo tempo ne ha parlato in diverse interviste, e ciò mi ha dato una spinta ulteriore per affrontare l’argomento.

Mimmo, come la maggior parte dei ragazzi italiani della sua generazione, è stato indirizzato fin da bambino a frequentare l’Azione cattolica e la parrocchia. I momenti ludici e di aggregazione si alternavano ai momenti di partecipazione alle funzioni. Come abbiamo più volte accennato, il piccolo M. suonava l’organo in chiesa e le sue emozioni più forti, di intensa spiritualità in quell’età, sono legate alla musica, in particolare al canto gregoriano. Con l’avanzare degli anni, cresce nel nostro anche il senso critico: incomincia a non considerare più il rapporto con la chiesa e con la religione un fatto scontato, a cercare di leggere dentro di sé, a farsi delle domande. In perfetta sintonia con sé stesso, le risposte va a cercarle nell'indagine accurata, nella attenta lettura dei testi sacri. Scandaglia l’Antico e il Nuovo testamento, ma non si limita a questo, legge fino allo sfinimento tutto ciò che attiene all’argomento religione e fede, e non trova le risposte che cercava. Nel frattempo sviluppa una forte intolleranza verso tutto ciò che è dogmatico, e quindi da accettare acriticamente, verso ciò che è imposto e più che verso la fede, verso l’istituzione chiesa gerarchicamente intesa. La fede acritica della fanciullezza e dell’adolescenza abbandonano il giovane Mimmo, che da quel momento in poi entrerà in una posizione (alquanto frequente, siamo in tanti lì dentro) di agnosticismo più che di ateismo, e rimarrà sempre critico nei confronti della gerarchia clericale e dei dogmi.

Da medico che ha conosciuto la presenza di religiosi e religiose nelle strutture sanitarie, Mimmo asseriva l’importanza della loro funzione, non solo per il supporto professionale, ma soprattutto per il sostegno morale nei confronti degli ammalati. Anche nella sua esperienza personale, una suora in particolare è stata importante agli inizi della sua professione, una caposala di sala operatoria amica di sua madre che lo prese sotto la sua “protezione”. Credo che Mimmo la ricordi con affetto.

Totalmente intrisa di spiritualità è una bella canzone di Mimmo, che si intitola Padre mio, (Uomini, 1995) la preghiera che un uomo disperato invoca a un Padre trascendente, una disperata richiesta di aiuto. A proposito di interpretazioni personali delle canzoni, che spesso si prestano a essere decodificate in mille modi diversi, questa è una di quelle che mi pare non possa che avere un’interpretazione univoca. Cionondimeno, lo racconta lo stesso Mimmo, alcuni “recensori” del brano la considerarono una canzone che l’autore aveva dedicato a suo padre. Questo sembra francamente eccessivo anche a una come me che è strenua assertrice della teoria secondo cui ogni opera creativa e artistica parla al suo interlocutore e fruitore a seconda della sensibilità di recepire di quest’ultimo, sopratutto se le intenzioni dell’autore sono volutamente velate.

La metà degli anni novanta fu un periodo in cui diversi cantautori affrontarono il tema della fede e della spiritualità nelle loro canzoni e questo determinò l’attenzione e il plauso di un noto quotidiano cattolico, che dedicò un articolo alla questione e citò anche il nostro artista, forse non conoscendo bene la sua posizione di laico agnostico, seppur intriso di spiritualità. (Che non credo possa in certi ambienti essere considerata sufficiente.) In questi ultimi anni si assiste a un fenomeno di riavvicinamento alla fede, quando non addirittura di conversione, da parte di molti nomi noti, anche diversi colleghi di Mimmo. Frutto di riflessioni approfondite, desiderio di trovare risposte, conforto, di dare un senso a una vita, che pur ricca di tanti aspetti appare forse insoddisfacente, di qui la ricerca di tale soddisfazione nella fede, nella speranza di un oltre e di un altrove che ci allontani dalla tenebra del nulla.
Di recente (31 maggio) si è tenuta a Roma, al Teatro Vittoria una manifestazione (In libero stato! L'occasione fa l'uomo laico) in difesa della laicità dello stato, cui hanno partecipato molti artisti, e tra essi anche Mimmo, allo scopo di ribadire l'esigenza di uno stato realmente laico, senza l'ingerenza clericale cui spesso assistiamo.

Eccola, dunque, Padre mio, l’ho ascoltata anche oggi, con immutata commozione. Uomini è uno degli album che ascolto di più. La cura prevede almeno due album al giorno, a volte anche tre, in sottofondo alle mie attività quotidiane, o come momento più intimo, mio, quando fuori è notte e silenzio. Mi sono comprata alla fine anche il famoso lettore Mp3, ma ci ho caricato altre cose, che dovrebbero avere per me una certa utilità, (non ne sono certa), ma Mimmo non ci abita ancora, dentro quella scatoletta magica. Una scelta non casuale: per ora devo ascoltare quelle altre voci, non così gradite, e quando sono sull’autobus, dove qualcuno inizia a cedermi il posto per la mia età ormai matura, voglio leggere. Se metto Mimmo è la fine: tutti i miei buoni propositi scardinati dalla sua amatissima voce, e io devo ricordarmi che non si vive di solo Mimmo. Lo porterò con me nel mio prossimo viaggio, quando sarà, così non patirò la nostalgia.


PADRE MIO Testo e Musica di M. LOCASCIULLI
©1995 Edizioni Musicali Piccola Luce


Padre mio che tutto vedi e sai
Che rispondi pure a chi non chiama mai
Fa’ che il giorno finisca veloce
E fa’ che la notte sia dolce per me

Padre mio che tutto senti e puoi
Che conosci pure quello che non ho
Fa’ che almeno nei sogni
Sia un poco diverso

Fa’ che sia meno triste di qui
Io non so bene come sei
Non so capire dove stai
Io non so il bene che mi vuoi
Mi basta solo che ci sei

Padre mio che tutto tieni e dai
Che consoli chi non ha sorriso mai
Fa’ che queste parole
Non restino sole
Nel freddo e nel vento così

Io non so quello che mi dai
E non so in cambio cosa vuoi
Io non so ancora se tu puoi
Ma dimmi almeno che ci sei

Padre mio che a volte chiamo Dio
Sono un uomo uguale agli altri anch'io
Sono anch'io solo polvere e cenere
Ma non posso vivere ancora così
Non ho niente di niente e sto qui senza niente
E nessuno fa niente per me
Fa’ che almeno nei sogni
Sia un poco diverso
Fa’ che sia meno triste di qui

giovedì 12 agosto 2010

CARTA DA MUSICA, UNA VAGA CONFUSIONE E FRAGRANTI ZUPPE CONTADINE


I DELIRI NOTTURNI DI UNA FAN LONTANA CHE MUORE D'INVIDIA A PENSARE AI FAN VICINISSIMI AL NUME.


Mimmo quest’estate ha bisogno di riposo. Non sembra avere nessuna intenzione di affannarsi con concerti su concerti. Piuttosto sembra sempre di più desideroso di esperienze selettive, circoscritte a poche date in luoghi fuori da circuiti convenzionali. Il 31 di luglio ha suonato con Matteo a Gallipoli, in un resort. Una foto lo immortala al termine del concerto, mentre visibilmente stanco, si terge il capo dal sudore. Forse c’era un caldo bestiale. Cosa l’avrà condotto proprio lì? Pare da quel che leggo, che uno dei punti qualificanti del luogo sia l’ottima cucina. Mi sembra un po’ debole come motivazione per accettare di suonare in un posto come quello, per un pubblico sicuramente amichevole e ridotto, piuttosto che in un altro. Un pubblico casareccio, senza che nel termine vi sia una connotazione negativa, ma insomma niente a che vedere col pubblico dello scorso novembre nel prestigioso locale milanese, o con quello che lo aspetterà a dicembre nell’ancor più prestigioso tempio della musica elvetica.


Pubblico eterogeneo, insomma, quello di Mimmo, come ho sempre sostenuto, e qualche volta, anche, come in occasione di manifestazioni come quella di stanotte a Bassiano, pubblico avvertito che va apposta per vedere lui, misto a pubblico occasionale, che esce la notte perché in paese c’è festa. A Bassiano, ho scoperto, oltrechè tracce manuziane, c’è dell’ottimo prosciutto e altre prelibatezze locali, aspetti diversi, ma entrambi degnissimi di attenzione.


Magari Mimmo approfitterà di questo periodo in cui forse è meno impegnato col lavoro per mettersi ai fornelli. Non riesco più a trovare una ricetta contadina abruzzese, una sorta di zuppa con legumi e verdura in foglie, da servire con il solito filo d’olio e i crostoni di pane su cui si strofina uno spicchio d’aglio, che Mimmo ha consigliato. Qualcosa di simile c’è un po’ dappertutto, nelle varie cucine povere regionali. Qui in alcune zone si prepara una zuppa con fave secche e bietole, ma in più ha anche le cotiche. Pare sia una bontà, io non la mangio perché l’unica cotica che apprezzo è quella del maialetto da latte, ben abbrustolita. Deve fare crock crock. Non l’ho più recuperata, quella ricetta, che se non è vera, è verosimile, anche se non escludo di aver sognato di leggere quella notizia tratta, mi pareva, da un archivio di quotidiano. In genere funziona così: il giornalista, più spesso la giornalista, ha una serie di numeri di telefono di personaggi noti: li chiama e chiede loro per favore di fornire una ricetta (anche a quelli che non hanno mai preparato nemmeno una pasta al burro: ormai son tutti cuochi sopraffini) e poi ci fa un bell’articolo, esattamente come io sto facendo un post basato sul nulla. Forse l’articoletto recitava così: un altro che ha la passione per la cucina è Mimmo Locasciulli; lasciati da parte i bisturi e il pianoforte, indossa grembiule e cappello da cuoco, e si mette ai fornelli, a preparare robusti piatti della tradizione con ingredienti di prima qualità, che fa arrivare direttamente dalla sua terra d’origine. Ripeto: se non è vero, è verosimile.

Continuando a sorprendermi, Mimmo invece tende a partecipare con una certa frequenza, non eccessiva, ma costante, nel corso di quest’anno, a trasmissioni televisive o radiofoniche, (le più disparate) che io, a parte qualche rara eccezione, continuo a perdere. Spiego come vanno le cose: io son sempre lì che, quotidianamente, come fosse un precetto, visito il sito di Mimmo in un rituale che partendo dall’intento lodevole di informazione, si è ben presto ammantato di risvolti scaramantici e ossessivo-compulsivi. Ci entro sempre, sono io quella che in quest’ultimo anno ha fatto innalzare il picco di visite nel sito. Ogni tanto mi rileggo un’intervista, il testo di una canzone, colgo l’occasione per imparare due paroline di tedesco, mi studio i credits come esercizio per la memoria, ma soprattutto, e qui s’inserisce l’aspetto ossessivo-compulsivo, vado alla pagina dei concerti e di lì dritta dritta ai link: con la scusa di entrare in Carta da musica, sbircio anche per vedere se c’è ancora quello di Folgorata, che non si sa mai con questi artisti, quello che ti hanno dato te lo possono levare in un secondo, con un colpo di mouse. Carta da musica, in genere, molto brevemente, e anche senza troppo preavviso, m’informa delle apparizioni di Mimmo o delle sue partecipazioni, ma mi permette anche di conoscere altri artisti interessanti di cui ero totalmente all’oscuro.


Cosa capita ogni tanto? Che io mi guardi allo specchio e mi dica: Senti, cara, un po’ di dignità! Oggi fammi la santa cortesia di non farti il solito giretto, dedicati ad altro, così dimostri a te stessa di saper controllare le tue pulsioni. Che diamine, un residuato di amor proprio ce l’ho anch’io! Dunque faccio la dura ed evito di girellare tra concerti e Carta da musica. Il giorno dopo, in preda a crisi di astinenza ci ritorno e cosa trovo? Che il Nostro è stato ospite qui e ospite lì, e l’annuncio alla nazione, per quel coacervo di coincidenze negative che contraddistinguono la mia vita tanto nelle cose banali, quanto in quelle ben più serie e che potrei sintetizzare in una colorita espressione ormai entrata nell’uso comune, sfiga, è dato proprio nei giorni in cui io non frequento l’ufficio stampa di Mimmo. Quando ne trovo notizia in ritardo, mi rimetto davanti allo specchio e mi dico: Ecco, volevi fare la dura, volevi dimostrare di essere una dotata di autocontrollo? Beccati questo! Te lo sei perso, e se lo vuoi, devi andartelo a cercare, aspettare che ci sia la puntata in podcast, tentare di scaricarla e poi ascoltarla, che sembra la cosa più facile del mondo, ma dentro il mio computer ci deve essere uno spiritello burlone che il più delle volte mi vieta di fare una cosa che in altri computer si rivela un gioco da ragazzi.


Ora non sto nella pelle nell’attesa di poter ascoltare la puntata di un programma che manco sapevo esistesse, La terra, che va in onda il sabato su radio uno, dove Mimmo era ospite sabato scorso; una trasmissione incentrata su tematiche agricole, dove a quanto ho capito, ogni settimana si parla di una regione diversa. Sabato era l’Abruzzo e l’ospite il suo più nobile cantore contemporaneo.


Chissà, a questo punto l’atmosfera a Bassiano si sarà scaldata, siamo nel vivo del concerto, ma ancora ai brani più recenti. È ancora presto, ci sarà tempo più tardi per salire sui treni della notte, e magari per bere un bicchiere, o qualcuno di più. Poi solite storie, i fans che si avvicinano a salutare e a complimentarsi, ancora qualche chiacchiera, ancora qualche bicchiere e poi via, a casa, che ci sarà qualcuno che lo riporterà a casa, il nostro artista. Un autista in livrea che guida una Rolls nera con l'idromassaggio e lo Champagne incorporato? Chissà! Qui in periferia queste notizie non giungono, però per fortuna ci soccorre la fantasia.

lunedì 9 agosto 2010

L'ULTIMO GENTILUOMO DI CAMPAGNA

Così qualcuno, come raccontava egli stesso in una vecchia intervista, usava definire talvolta Mimmo Locasciulli. A me i gentiluomini di campagna sono sempre piaciuti, anche se non credo di averne conosciuto molti. Più che altro l'idea che ho di loro, si nutre di suggestioni provenienti da letture, da film, da racconti, che non da esperienza diretta vera e propria. Il fatto è che io di questi gentiluomini di campagna ho un’idea un po’ oleografica, stereotipata. Sono di una certa età, hanno spesso i baffi (a me allo stato attuale gli uomini con i baffi non piacciono: faccio un’eccezione solo per la categoria che sto descrivendo) indossano comode giacche di tweed con le toppe di pelle ai gomiti, dei cache-col di seta, fumano la pipa, vivono in casali di campagna dal fascino un po’ vecchiotto, sfogliano accanto al camino bei volumi illustrati, e di tanto in tanto, con l’aiuto della fida governante, organizzano dei pranzi ai quali invitano delle signore di città un po’ civette, con cui fanno sfoggio di charme, per poi condurle a passeggio per la tenuta, su un calessino che essi stessi guidano con perizia. Producono ridotte e selezionatissime quantità di vino e olio, che mai venderebbero, ma offrono con piacere agli amici. Hanno una conversazione piacevole e modi impeccabili, sono sobri e riservati ma non burberi e orsi. Si rivolgono con la stessa cortesia alle grandi dame e alle contadinelle.
Potrei dilungarmi oltre, ma il dovere mi chiama, anzi mi richiama all’ordine. Io qui non devo divagare troppo, ma puntare dritta sul mio bersaglio: un uomo cortese, questo traspare, ma di una cortesia un po' ruvida che non lascia spazio alle smancerie. Nell’intervista a cui mi riferivo prima, vecchia di quindici anni, racconta: Sono cortese, cedo il posto in autobus, mi definiscono l’ultimo gentiluomo di campagna; il rischio è essere considerato burino. (Perché mai?) Ma io preferisco essere così, non mi riconosco molto in certi atteggiamenti di oggi. Sarà ancora così, per lui? Lo prenderà ancora, Mimmo, l’autobus, o qualsiasi altro mezzo pubblico? Piccola luce, come ben sappiamo, è nata proprio su un autobus, o era un tram, non lo ricordo bene: Mimmo tornava dall’Acea dove aveva pagato la bolletta della luce, ma parliamo di trent’anni fa, quando ancora si andava a pagare le bollette. Ora ce le abbiamo tutti accreditate. Certo se incontrassi Mimmo Locasciulli su un autobus e mi cedesse il posto, penso che accetterei subito, se non altro perché per l’emozione non mi reggerebbero le gambe. Non è escluso che ci salga ancora, sui mezzi pubblici. Per quanto nella città che lo ospita piacevolmente senza essere riuscita a "possederlo", Egli sia noto, non credo che subisca assalti dalla folla, insomma penso possa girare tranquillo senza temere sgradevoli intromissioni. Prendere un mezzo pubblico in una città piena di traffico e con problemi di parcheggio può essere già molto vantaggioso in una città piccola come Cagliari, figuriamoci a Roma.

Io credo sia cortese anche con i collaboratori e con i pazienti, Mimmo. Credo, o forse lo spero, che il suo reparto funzioni bene perché si è creata quella sinergia con il suo staff (ho usato due parole che non mi piacciono, abusate, ma qui quelle servono) che non ha bisogno di picchi di autoritarismo. Credo, o forse lo spero, che Mimmo sia di quei medici che accompagnano i pazienti, e non intendo solo alla porta quando li accomiata, con una stretta di mano, cosa che ha anch’essa la sua importanza, e che non è così frequente come ci si potrebbe aspettare. Cortese, ma fermo e inflessibile su certe cose sulle quali occorre essere rigorosi.

Cortese con chi parla di lui, o scrive di lui. Appena può, se naturalmente reputa sia il caso di farlo, che ci saranno certi casi in cui magari non vale la pena, risponde personalmente, e non con frasi stereotipate o con formule standard valide per tutti. Talvolta i destinatari di queste risposte le pubblicano, tutti contenti, e pertanto nel mio percorrere la rete palmo a palmo, ne vengo a conoscenza. Talvolta si tratta di persone che scrivono anche brevemente di lui, e si mostrano entusiaste della sua musica che prima non si erano mai soffermati ad ascoltare, e Mimmo cortesemente e brevemente ringrazia: non è da tutti. Google Alert lo informa di tutto quanto si pubblica on line su di lui, quindi sa tutto. A me questo fatto ha sorpreso molto, perché prima di esserne informata, ero del tutto convinta che Mimmo fosse uno poco interessato a questo genere di cose, cioè a sapere che cosa si dicesse di lui e come fosse percepito e recepito, e che in particolare fosse poco attratto dalla tecnologia, da computer, smart phone e cose del genere. Invece mi sbagliavo, gli interessa sapere cosa si dice di lui, e quanto a strumenti tecnologici, li utilizza e li padroneggia, (sulle sue capacità in qualsiasi campo, e quindi anche quello informatico, non avevo invece alcun dubbio) questi strumenti, anche se credo che gli interessino fino a un certo punto: gli sono utili, tutto qui, ma non vive (avendo oltretutto molto altro da fare) attaccato a uno schermo, anche se può essere comodo averne uno piccolo sempre con sé.
La realizzazione del suo sito, per ovvi motivi di tempo, e perché è convinto che “a ciascuno il suo mestiere”, l’ha affidata a un professionista, che ovviamente, come è nel suo stile, ringrazia. Mi piace riportare alcune frasi di ringraziamento, senza commentarle perché si commentano da sé. A tutti coloro che mi hanno manifestato la loro stima, che hanno amato le mie canzoni e che ancora accompagnano il mio cammino. Il vero successo è l’intensità dell’affetto che si avverte attorno, fuori e dentro la musica. Grazie ancora.
A tutti quelli che mi aiuteranno ancora con i loro suggerimenti, le loro critiche e le loro attenzioni. Continuerò a far tesoro di ogni loro minima sensazione.
Mi piacciono molto perché qui dentro ci siamo noi “esercito senz’armi” di Mimmo e quindi indirettamente anch’io.

Ecco, in questa fase di raschiatura del barile, in attesa di tempi migliori (intanto un’idea mi è già venuta, ma perché la possa realizzare è necessario far passare questo periodo di ferie in cui tutto si paralizza, in questo paese) potrei rendere omaggio all’artista con uno scritto tutto dedicato a frasi desunte da interviste o altro che mi abbiano colpito particolarmente. Florilegio locasciulliano, potrei pomposamente intitolarlo, perché ogni tanto mi piace essere pomposa.
Molto bella è la lettera di ringraziamento che Mimmo ha scritto a uno dei redattori di una nota rivista on line che spesso gli dedica spazio, e che, per contratto e per piacere, io, ovviamente, leggo. Questo signore, un po’ ruffiano (bonariamente) perché nell’esordio della recensione dell’album, Piano piano, utilizza una metafora enologica gradita al nostro amico, (idea mia: magari neppure conosce la passione di Mimmo per il vino; cose che a me sembrano scontate, per altri non lo sono; ad esempio continuo a leggere, e parlo di cose scritte da professionisti, e non da dilettanti che scrivono nei blog, che Mimmo è cardiologo, o cardiochirurgo: lui di cuore se ne intende, dicono...) procede con una serie di considerazioni del tutto condivisibili (Piano piano, lo ribadisco per l’ennesima volta è bello senza se e senza ma, così ho utilizzato un’altra di quelle espressioni che non amo, ma qui rende bene l’idea) e, a un certo punto, giunto a Vola vola vola, ne parla in termini molto entusiastici e poetici, ma come se fosse una canzone in napoletano. AHI! Ho sentito un dolore profondo al petto, quando ho letto. La risposta di Mimmo mi è capitato di trovarla poco tempo fa. Una bella lettera, colloquiale e aperta, e anche profonda; ringrazia, Mimmo, informa sulle sue attività e sui suoi progetti (era in preparazione Sglobal; a proposito dove si è arenata la bella idea di incidere un album contenente una dozzina di vecchi brani, rimasti fuori da Aria di famiglia, alcuni dei quali non si trovano più in commercio…mi dispiace che alcune mie creature siano disperse…? Io son qui che aspetto.)
Ringrazia cortese ed educato, nel suo stile. Solo nel post scriptum, in un modo ancor più carino, fa notare che Vola vola vola è nel suo dialetto, l’abruzzese, e chiede che non sia confuso col napoletano.
Guarda Mimmo, io ho una voglia matta di imparare l’abruzzese, anzi di scendere ancor più nel particolare e imparare il pennese. Chi l’ha detto che solo il sardo (nelle sue infinite varianti) è difficile? La lingua nella quale tu continui a pensare, e a parlare immagino, appena se ne presenti l’occasione, mi pare “complicata assai”. Un passetto per volta. Allora simuliamo una situazione standard. Io sono una vecchietta di Penne, non ci vedo tanto bene, tu ti avvicini a me, e siccome sei un gentiluomo di campagna (per l’occasione hai indossato una bella giacca di tweed, ma hai pensato bene di non metterti i baffi finti) mi porgi il braccio per sostenermi, che sono anche un po’ malferma sulle gambe; io non riconoscendoti, ti chiedo Di chi si lu fije? Poi, saputo che di te mi posso fidare, ti invito a casa mia, e continuo: Ti li pije 'nu cumpliment? Siccome ti sei accorto che io spesso non mi faccio i fatti miei, (nella fattispecie mi faccio i tuoi) sono cioè un po’ pettegola, e a uno così riservato come sei tu questo non piace molto, mi molli con questa frase Ognune sa esse, e Dije sa tutte. Sgamata all'istante. Così imparo a comportarmi, ben mi sta.

mercoledì 4 agosto 2010

CALAMITATA DA FOLGORATA


Proprio non ce la faccio a resistere: il massimo è una settimana, poi anche se decido il contrario, mi coglie quella strana smania che si placa solo se entro nel mio blog e lascio che le dita vaghino libere sulla tastiera. In realtà tutto è già scritto, tutto è compiuto, qui dentro, e davvero non me l'ha detto il dottore di continuare in questa vicenda facendo la stanca parodia di me stessa. Il dottore (una ferrea dottoressa che da bambina secondo me assomigliava a Pippi calzelunghe) in verità mi ha suggerito, anzi ingiunto, di stare lontana da formaggi carni rosse uova burro e in generale cibi contenenti grassi dannosi. Mi ha anche detto di mettere solo un cucchiaino da caffè di parmigiano nella pasta, cosa che io nel modo più assoluto non posso fare: meglio niente. Mimmo, anche se non ti piace mischiare le tue due vite, io te lo chiedo lo stesso, e tu mentalmente rispondimi che tanto ho affinato questa sensibilità che mi permette di cogliere risposte solo pensate: ma tu da nutrizionista, elimineresti completamente i formaggi degni di questo nome dalla vita, già di suo zoppicante, di una povera donna col colesterolo appena un po' fuori norma? Le concederesti solo yogurth magro e un po' di fiocchi di latte? Blah! E da buongustaio quale sei, questo è innegabile, cosa diresti? E un bel tocco di pecorino abruzzese, me lo concederesti? Non dico così per dire, parlo a ragion veduta: mi è arrivata una casuale visita, in questo blog sfigato, dal Giappone, attraverso un motore di ricerca: la chiave cercata? Come fare il pecorino abruzzese in casa. Beh, penso che in Giappone con tutta la buona volontà sia difficile. Magari si potrà fare anche in casa, in una casa attrezzata all'uopo, ma credo sia indispensabile avere a disposizione una bella pecora abruzzese e un bel pascolo abruzzese, e poi una certa manualità che sicuramente molte massaie abruzzesi hanno, come ce l'hanno quelle sarde. Il casizzolu del Montiferru lo preparano tradizionalmente le donne. Son convinta che se me lo mostrassero solo una volta, il procedimento, diventerei una bravissima casara, perchè ce l'ho nel sangue, la preparazione del formaggio, io, nipote di pastore sardo di Barbagia che il pecorino sapeva come farlo. Il patrimonio genetico non si disperde.

Non me l'ha detto il dottore, di rimanere attaccata a Folgorata come una patella alla roccia, ma mi piace anche più del pecorino, anche se ormai non ho più nulla da scrivere: rubando e modificando leggermente una frase a una nota scrittrice cilena bassottina e vivace come me (io sono un po' più alta, e anche un po' più carina come ben si evince dalla foto del profilo, e anche più giovane, ma lei è molto più nota e ricca e appagata) potrei dire che anche la musa più sfigata (lei dice la più stracciona) mi ha abbandonato. Prima o poi capiterà di aver di nuovo qualcosa da scrivere, di originale e attinente all'argomento, ne sono certa, anche se questo non dipenderà solo dalla mia volontà, ma anche dagli spunti che mi saranno via via offerti. In verità nel fondo del barile, forse qualcosa ancora da raschiare è rimasto, ma posso dire che la mia piccola (mica tanto) summa sia completata. Ora la possiamo stampare, rilegare e inviare al Destinatario, che come sappiamo ha sempre bisogno di alimentare le fiamme dei suoi camini.

Lo scrivo, che ormai la vena si è dissecata, perchè mi porta bene; dopo quel post maggiolino, in cui in una fase down recitavo il de profundis per Folgorata, e mi ponevo un sacco di problemi inutili, come per magia, mi sono venute tante piccole idee, oltre quelle che avevo già in gestazione, e sono andata avanti per altri due mesi buoni.

Segnalo, solo per dovere di ruolo di autoproclamatami biografa nonchè ufficio stampa non percepente compenso, alternativo a quelli esistenti, che il nostro caro amico si esibirà venerdì 6 agosto a Livorno, all'interno della manifestazione Effetto Venezia, della quale dico solo che ho letto il programma e mi pare davvero degna di interesse, ma non ho voglia di fare riassunti, per cui inserisco un link provvidenziale http://www.livornoeffettovenezia.it/ che racconta tutto tutto di Effetto Venezia 2010. In particolare per quanto riguarda l'intervento di Mimmo http://www.livornoeffettovenezia.it/index.php?page=_layout_evento&id=647&lang=it e ancora http://www.comune.livorno.it/_nuovo_notiziario/notizia.php?id=7381&lang=it

Stessa identica cosa faccio per il concerto di Bassiano, ridente paese sui monti Lepini in provincia di Latina, dove Mimmo si esibirà all'interno di un altro interessante ciclo di manifestazioni, Le notti dell'utopia, http://www.radioimmagine.it/index.php?option=com_content&view=article&id=370:qle-notti-dellutopiaq-11-12-13-14-agosto-2010&catid=11:notizie-flash&Itemid=54 il giorno 12 agosto, che se non faccio male i conti dovrebbe essere un giovedì.

Dico solo una cosa su Bassiano, che vanta, con la vicina Sermoneta, i natali di un uomo illustre del nostro ricco passato, e mi riferisco a Aldo Manuzio, (1449?-Venezia 1515) editore e umanista universalmente noto. Per una che lavora in una biblioteca di conservazione Aldo Manuzio è una specie di parente. Mimmo non sarai pure bibliofilo? Non è che possiedi una ricca collezione di incunaboli e cinquecentine? Da te c'è da aspettarsi di tutto, quindi non ne sarei minimamente sorpresa.

Se vogliamo continuare a giocare, se Mimmo Locasciulli fosse vissuto nel cinquecento, sarebbe sicuramente stato una sorta di genio universale, medico musico letterato filosofo naturalista poeta enigmista e anche alchimista, una specie di Leonardo d'Abruzzo, o, con quel carattere rigoroso e un po' spigoloso, un personaggio simile a Zenone, (con le debite differenze, mi corre l'obbligo dirlo) il protagonista dell'Opera al nero di Marguerite Yourcenar.

In conclusione di questo pezzo che poteva tranquillamente rimanere allo stadio embrionale di idea nel cervellino stanco della sua autrice, mi corre l'obbligo di ricordare al lettore fan di riferimento, il gentile signor Piumino d'Abruzzo, che carico di adrenalina percorrerà più di duecento chilometri per godersi il concerto del suo artista princeps, la sua (mezza e non del tutto convinta) promessa di scrivere, sotto forma di commento o come meglio creda lui, le sue impressioni sul concerto stesso, e, cosa che mi interessa moltissimo, sul dopo concerto, quando andrà a omaggiare Mimmo e si dovrà fare un varco tra la massa di fan imploranti un gesto o una parola, scritta o orale. Piumino, marasma dei quaranta o non marasma, fammi questo favore: Folgorata ha bisogno di linfa nuova, e all'orizzonte uno solo ne vede che può portare avanti questa missione: TU! Dunque fammi felice e scrivi, tutto quello che ti passa per la mente, tutto quello che il tuo artista ti suscita, e questa volta, dai, vieni meno ai tuoi principi, (che condivido in linea di massima, ma ogni regola ha la sua eccezione) fatti ritrarre insieme a Lui, ma ricordati di fargli il solletico, così, all'improvviso, quando meno se l'aspetta. Così almeno sorride un po', che ci piace di più, quando sorride.

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