Mimmo & Greg

Mimmo & Greg
Grazie Mariangela, grazie Mimmo!

venerdì 29 gennaio 2010

IL SUO MONDO IN UN DISEGNO



Il raro visitatore estraneo al piccolo giro di lettori che mi conoscono, che dovesse giungere a questo blog non sospinto dal vento capriccioso di un motore di ricerca, mi riferisco pertanto a qualcuno che conosca bene l’oggetto dell’indagine, alla mia domanda: Hai presente la copertina di Sglobal? - Certo - mi risponderebbe - e ne conosco perfettamente la storia. Se qualcuno invece non la conoscesse, intanto lo inviterei a visitare il bel sito di Mimmo Locasciulli, essenziale, scuro, sobrio ed elegante nel layout, ma quanto mai ricco di notizie nel contenuto: entri in Home page, clicchi sulla foto di M.L., si troverà in “indice”; da qui entri in “discografia” e una volta giunto a Sglobal, salvi l’immagine della copertina; la ingrandisca e la osservi con attenzione. Appare subito evidente che è il disegno di una bambina, e che in quel disegno c’è tutta lei con il suo mondo. Di questa bimba che ormai dovrebbe avere circa nove anni, so alcune cose che ho letto seguendo come al solito le tracce di Mimmo, e ciò che ha attinenza o connessione con lui. Di ciò che ho letto, in questo post non desidero parlare, anche se la protagonista è lei, la piccola O., anche se sono tutte notizie pubbliche, trovate in rete o sui giornali. C’è un’amicizia privata, ci sono sentimenti, e non ci sono, anche se avrebbero forse potuto esserci, collaborazioni di lavoro, per cui in punta di piedi esco.

Lascio la parola a Mimmo, trascrivendo la sua risposta ad una domanda nel corso di un’intervista, in cui gli si chiedeva di commentare la copertina dell’album Sglobal.
Una sera avevo a cena una coppia di amici con la loro bambina di cinque anni, O. Noi parlavamo delle nostre cose e lei passava il tempo a disegnare su tovagliolini di carta. Alla fine della serata, sparecchiando, ho visto quel capolavoro di innocenza, semplicità e capacità di sintesi.
In quel disegno c’è tutto: il bisogno di una espressione genuina, sincera e consapevole in ordine all’analisi e all’osservazione del mondo che viviamo, e implicitamente, la scelta delle soluzioni più idonee in ordine alla conservazione delle proprie identità
.”

Intanto una bambina di cinque anni che durante una cena con degli adulti, non essendo in compagnia di altri bambini, non piagnucoli, e non si metta a fare i capricci per ottenere l’attenzione dei grandi, non è un fatto frequentissimo. Le sono bastati dei tovagliolini di carta e delle matite per dare contorni e volti al suo mondo e al mondo più vasto, per narrarlo come una storia. Una bambina tranquilla, ma sveglia, intelligente e sicuramente già amante dei libri e forse con una maturità superiore a quella della sua età. Forse ama anche scrivere, e certo le piacerà giocare con i suoi amichetti, e fare sport, o suonare uno strumento, chissà. Non la conosco, ma mi piace. E me la immagino anche, non so bene perché, col visetto un po’ tondo, con i capelli un po’ lunghi e mossi, con la coda, castano chiaro. La vedo così mentre disegna, a casa di Mimmo, che dopo sparecchia. Questo aspetto mi è molto piaciuto: non che ci sia nulla di strano, o di straordinario, nello sparecchiare, però questa scena familiare di minuta quotidianità mi è piaciuta, l'ho visualizzata. Molti uomini, e non certo con lo "status" di Mimmo, non se lo sognano neppure, di sparecchiare.
Ho apprezzato, anche, molto, che Mimmo abbia deciso di far diventare il disegno della bambina la copertina di Sglobal: un gesto carico di tenerezza, ma anche di considerazione, di stima, di riconoscimento delle qualità della piccola. Trattata da persona. Questo mi ha colpito molto.

lunedì 25 gennaio 2010

COLMIAMO LA LACUNA


Ho sotto gli occhi e tra le mani un libretto di Ardengo Soffici, Marsia e Apollo, Poesie, Vallecchi, 1938. Ho fatto un'operazione azzardata: ho aperto a caso, e il caso mi ha favorito, facendomi trovare una poesia che s'intitola I miei amori: coincidenze, l'amore è proprio il tema cardine dell'approfondita ricerca interiore che ha condotto Mimmo Locasciulli a Idra, l'amore, come giustamente sottolinea l'autore, nel senso ampio del termine e non solo in quello restrittivo tra un essere maschile e un essere femminile. Mi pare ben si adatti a tutto ciò la poesia giovanile di Soffici, e che quanto i suoi versi raccontano sia ampiamente condivisibile, a parte qualche dubbio sulla chiusa.

Prima della poesia alcuni pensieri del poeta futurista, che ci aiutano nella comprensione del titolo dell'opera.

"Marsia non era un insolente rivale di Apollo: era una parte del nume stesso. Marsia era la giovinezza d'Apollo. Arrivato Apollo alla virilità dello spirito, i canti giovanili, sfrenati di Marsia gli sturbavano dentro la nuova serena musica sorgente dalla maturità del suo cuore poetico.

Volle liberarsi da quella disarmonia; e scuoiò Marsia. Ma della sua pelle divina si fece un florido manto, e se ne ornò poi per sempre."

"A vent'anni scrivevo dieci canzoni al giorno e ne buttavo undici, oggi non è più così" dice Mimmo, che non dobbiamo scordarcelo, continua ad essere, pur in buona compagnia, il nostro protagonista, ancor più apprezzato se ci offre spunti per allargare il discorso. Quel giovane entusiasta e prolifico non è un suo "insolente rivale", ma una parte del nume (mi riferisco alla mia definizione di "nume tutelare" del blog) stesso. C'è poco da fare, è tutto un giro di associazioni e coincidenze, molto affascinante. (Per qualcuno un po' forzato?)

Il compito è arduo, ma alla luce di queste nuove conoscenze sui gusti poetici del nostro autore, si potrebbe tentare una lettura delle sue canzoni in chiave montaliana, e non solo. Io qualche influenza l'ho trovata, una in particolare, ma per ora la tengo per me.


I miei amori


Amo tutto: il fratello sole, la luna e le stelle

Che a me versan calore, luce soave e sogni.


Amo la buona terra che mi sopporta e mi nutre

E che mi serba un letto tra le sue brune zolle.


Amo il celeste mare, che largì primo la vita,

Amo il mar tenebroso che la ritoglie cantando.


Amo le bianche alpi vergini e mute in eterno,

i foschi monti querciuti e gli scroscianti fiumi.


Amo l'uomo, pensoso, diritto coll'occhio negli astri.

Che domanda per tutti il suo segreto a Dio.


Amo l'uomo curvato sul solco sterile; l'uomo

Armeggiante sotterra tra miasmi, pallido; l'uomo


Navigante, randagio, famelico nella notte,

O, rabbioso, vermiglio, vociferante in piazza.


Amo la giovine madre che culla il bambino con canti,

La mesta madre che al figlio spreme l'ultimo latte.


Amo la bella amante che imparadisa l'amato,

Che ride e piange e gli dona tutta la gioia del mondo.


Amo la schiava che senza amore nel letto si stende,

Perfida druda o sposa, e mente tra sozze carezze.


Amo anche quella che spegne la fregola immonda all'ignoto

Ebro, che arriva ed entra, ne' sarà visto più mai.


Amo tutto: le bestie laboriose o fameliche, il bianco

Bue, l'asino bigio, la stupida pecora e il lupo.


Amo gli alberi, i sassi, le nuvole, i fiori, le foglie,

Le biade tremule, l'erbe; ed anche i tristi logli.


Amo gli uccelli allegri, i pesci, gl'insetti ronzanti,

Gli umili insetti nocivi amo pure, e i vermi, e le serpi.


Amo ogni cosa che vive, che opra, che soffre. Ma più

Amo il silenzio e la pace tua perpetua, o Morte!

(Da Poesie giovanili, 1901-1908)


Io amo questa poesia. Grazie a Mimmo per l'inconsapevole segnalazione.

L'intervista da cui l'ho tratta è forse la più completa che ho letto finora, e in cui ho colto da parte di Locasciulli un desiderio di raccontarsi mai colto prima, almeno non così urgente.

domenica 24 gennaio 2010

UN UOMO CHE NON CONOSCE LA NOIA



(A parte quel giorno d’aprile, ma è stata un’eccezione, e l’ha risolta brillantemente.)
Dorme pochissimo, ma è sempre sveglio e vispo. Io penso che dorma poco per diversi motivi: il primo, il più importante, è che non vuole perderne nemmeno un attimo, di questa vita che scappa, ahimè, dalle maglie del più razionale e attento controllo; il secondo è che gli bastano poche ore di sonno per sentirsi come nuovo. Il terzo è che quando si fanno cose gratificanti si ha voglia di continuare a farne altre, mentre, ahimè, quando una vita è povera e senza stimoli, spesso nel sonno ci si rifugia. Infine è abituato a star sveglio, da quando, ragazzo si divideva più o meno equamente tra studi, musica e svaghi, e poi quando, da medico, svolgeva i turni di notte. Ora suppongo non li faccia più i turni di notte, essendo primario o come si dice oggi dirigente responsabile, e soprattutto primario del reparto di Day surgery, che, a parte qualche raro caso di complicanza, è quello dove di mattina ti operano e alle sette di sera te ne torni a casetta tua, e ti metti buono buono nel tuo ambiente preferito, evitando tutta l’ansia e tutti i disagi che l’ospedalizzazione comporta. Allora facciamo un riassunto della settimana di Mimmo Locasciulli: il 20 in Calabria, (non ho trovato alcuna notizia: sono ansiosa di sapere cosa ha detto, durante la conferenza, e soprattutto non so in che cosa consista in concreto il premio: una targa? Un anno di abbonamento a Musica News? Un cesto di prodotti tipici calabresi? Una cena a lume di candela con Scilla e Cariddi? Un viaggio premio a Cagliari per seguire l'otto di febbraio lo spettacolo di Carmen al Teatro lirico?) poi sabato, cioè ieri c’è stato il Convegno nazionale di Day surgery. In questi casi smessi i panni da gitano, si indossano quelli da dottore, cioè camicia chiara, cravatta, giacca scura, ma seria, non di quelle un po’ lucide; vanno bene anche i jeans; le scarpe mi pare siano spesso stivaletti un po’ a punta, da rocker moderato, anche con la divisa da dottore. (Questa mise non me la sono inventata, era quella che indossava quando è stato ospite da Onder, e da allora quando ha impegni istituzionali me lo immagino sempre vestito così, con qualche variante: a me piace, io sono pro-uomo non giovanissimo con camicia chiara, dà luce al viso. La camicia scura in certi casi abbatte.) Mi sono sintonizzata telepaticamente con il coordinatore scientifico del convegno e l’ho seguito nei suoi vari interventi: quello che mi è piaciuto di più è stato “Il percorso organizzativo del paziente” ma devo dire che anche come moderatore non è stato niente male. A dire il vero mi sono unita a lui e agli altri al momento del coffee-break, e gli ho pure sistemato il collo della giacca e la cravatta, ma lui ha sentito solo un leggero solletico, e visto una sagoma biancastra che poi è sparita: si è toccato come per scacciare una mosca: ero io, o meglio, era il mio pseudo-ectoplasma. In mezzo a questi due avvenimenti c’è stata la vita "normale", il lavoro intra ed extra moenia, la lettura dei giornali, tutte quelle telefonate, alcune piacevoli alcune davvero noiose, le cene con gli amici o in casa, la lettura degli ultimi articoli degli Annals of surgery, di Der Chirurg, che il tedesco gli piace anche più dell'inglese, a quell'uomo poliglotta, (anche se pensa in pennese) e il cinema, o il teatro, o un concerto. Poi a mezzanotte, anche più tardi, inizia la vita, quella che ama di più, in silenzio, in un posto raccolto, ad ascoltare la musica preferita, a leggere i libri che più gli piacciono, a pensare, a dialogare con sè stesso e a fare un sacco di altre cose sulle quali lascio che cali il sipario, perché un po’ di privacy a questo signore cauto, introverso, essenziale, sobrio e misurato, parco di parole, che si concede poco, che però sorride spesso e ha uno sguardo che non intimorisce, ma che ogni tanto se la dimentica questa eccessiva aderenza al personaggio e si lascia andare e non sta lì col misurino come dovesse dosare farmaci a dosare le parole, che talvolta esce da questi schemi e fa una gran bella figura e a me piace molto ma molto di più, gliela devo davvero lasciare. (La privacy, il periodo è talmente lungo che uno rischia di perdersi.) Fino a un certo punto però: non posso non annunciare che martedì 26 gennaio a Bologna ci sarà un suo concerto, (sempre in duo, lui pianoforte e voce e varie ed eventuali, Matteo al contrabbasso) in un posto che guarda caso si chiama proprio Il posto, http://www.ilposto.bo.it/ un tipo di locale dove a lui piace esibirsi, di quelli dove si mangia (qui mi pare anche bene, ho consultato il menù e ho fatto anche la mia scelta, che tra la mia passione per il cibo, e quella per l’Universo-Mimmo è una bella sfida e davvero non vorrei mai che mi puntassero un mitra e mi chiedessero di scegliere o l’uno o l’altro, che per me sono entrambi vitali) ma sono anche fucine dove si fa musica o si presentano libri, si organizzano mostre, insomma un bel posto questo Posto, come tanti altri dove lui si trova bene: quello cui è più legato è il Folkclub http://www.folkclub.it/ di Torino, per una serie di motivi e legami che non vorrei esaurire in due righe oggi. Ci suona tutti gli anni al Folkclub: per ora non è ancora contemplato un suo concerto, ma magari capiterà più avanti. Bene, allora chi può vada martedì al Posto. Mimmo tu che fai, ceni lì, o preferisci non mangiare prima del concerto e rimandare la cena a notte fondissima, a concerto concluso? In ogni caso, dovunque sia, prendi una doppia porzione di una pietanza di cucina bolognese tradizionale o rivisitata, una mangiala per me, e abbinaci un vino a tua scelta: mi fido ciecamente, che da quel che leggo mi pare di capire che non sei proprio uno sprovveduto, in fatto di vini. (Fossi stato astemio le tue quotazioni sarebbero scese di alcuni punti.) Poi se canti L’interpretazione dei sogni, lanciami un pensiero, io lo intercetto subito, e mi riscuoto immediatamente dai miei, di sogni, e mando il mio ectoplasma a sistemarti le falde del cappello, e siccome è un ectoplasma dispettoso, cercherà di distrarti sussurrandoti una poesia all’orecchio.
Non sempre l’esperimento riesce, quindi, per sicurezza la poesia te la dedico, qui, ora.
Qualcosa mi dice che ti piacerà, anche se tra quelle del tuo (o di uno dei tuoi) poeta preferito non è quella che ami di più.


Piccolo testamento

Questo che a notte balugina

nella calotta del mio pensiero,

traccia madreperlacea di lumaca

o smeriglio di vetro calpestato,

non è il lume di chiesa o d'officina

che alimenti

chierico rosso o nero.

Solo quest'iride posso

lasciarti a testimonianza

d'una fede che fu combattuta,

d'una speranza che bruciò più lenta

di un duro ceppo nel focolare.

Conservane la cipria nello specchietto

quando spenta ogni lampada

la sardana si farà infernale

e un ombroso Lucifero scenderà su una prora

del Tamigi, del Hudson, della Senna

scuotendo l'ali di bitume semi-

mozze dalla fatica, a dirti: è l'ora.

Non è un'eredità, un portafortuna

che può reggere all'urto dei monsoni

sul filo di ragno della memoria,

ma una storia non dura che nella cenere

e persistenza è solo l'estinzione.

Giusto era il segno: chi l'ha ravvisato

non può fallire nel ritrovarti.

Ognuno riconosce i suoi: l'orgoglio

non era fuga, l'umiltà non era

vile, il tenue bagliore strofinato

laggiù non era quello di un fiammifero.

Eugenio Montale (Da La bufera e altro, 1956)


Ama molto Montale, Mimmo, e questo non mi sorprende. Ama anche Ardengo Soffici, come poeta e questa è senz'altro una scelta più elitaria. Non avendo a casa libri di poesia di Ardengo Soffici, dovrò aspettare domani per reperirne qualcuno in Biblioteca: se troverò qualcosa che mi colpirà, che in rete non ho trovato, la pubblicherò. A me è piaciuto molto un quadro di Ardengo (futurista già nel nome) Soffici, Contadini toscani, che utilizzo come immagine a complemento del post.


Ma le sorprese non sono finite e il post è, come di consueto, trooooppoooo luuungoooo!

Vecchiaia, fermati

Tu gonfia di geloni cammina più lenta,

non affrettarti, il cuore ti minaccia,

il fiore che sta per sbocciare lasciami

godere e tutte le botti del mio vino.

Vergognati d’inseguirmi così nuda,

sfasciata all’inguine e in cenci i tuoi seni,

addosso ti cucirò una bella gioventù

e per allegro marito la mia ombra.

Fermati, vecchiaia, riposa laggiù,

contentati di strappare i miei ritratti

e io attenderò che passi tutto il fiume

della vita per venire alla tua riva.

Libero De Libero


Infine ho cercato e un po' provocatoriamente scelto questa poesia di Libero De Libero, che io non avevo mai neppure sentito nominare. Il bello di tutta questa vicenda è, anche, che permette uno scambio, seppur indiretto, un'occasione, partendo dall'Universo-Mimmo e da ciò che in questa mia "indagine" riesco a scoprire, per esplorare, quando sia possibile, mondi nuovi, o almeno sfiorarli.

giovedì 21 gennaio 2010

IL SENSO DELLE COMMEMORAZIONI

Il 19 gennaio del 1980, trent’anni fa, moriva Piero Ciampi. Non è mia intenzione in questa sede scrivere su di lui in maniera approfondita, essendoci veramente molto materiale prodotto da “addetti ai lavori” per chi avesse interesse e curiosità per questo artista. Già brevemente trattato in passato in occasione della partecipazione di Mimmo Locasciulli al Premio Ciampi, http://www.premiociampi.it a novembre, riprendo ora l’argomento per fare una riflessione sul perché ci si renda veramente conto del valore di un artista, ed è una sorte che purtroppo non è toccata solo a Piero Ciampi, quando questo non c’è più. Nel corso della sua non lunga esistenza (quando morì aveva quarantacinque anni) caratterizzata da una grande vena artistica, ma da uno spirito ribelle, tormentato e in perenne movimento, o fuga, e poco incline a soggiacere a regole e schemi, men che meno quelli di mercato, Piero Ciampi non aveva avuto grande successo, proprio per questo suo modo di essere, anche se era stato apprezzato da molti interpreti e autori di successo, da Fabrizio de Andrè a Gino Paoli, e in molti, fin dagli anni sessanta, avevano cantato le sue canzoni. Al cantautore livornese è stato dedicato il premio omonimo, che ha avuto la sua prima edizione nel 1995. Mimmo Locasciulli, e anche questo è stato già detto, nel 2001 vi partecipò con l’amico Haber. Entrambi dovevano cantare una canzone di Ciampi: Mimmo scelse Io e te, Maria (lui la menziona come Gesù Gesù, dal celebre ritornello) e accompagnò al pianoforte Haber che cantò Tu no; mentre suonava pensò che avrebbe voluto cantarla lui, forse perchè gli sembrò più vicina al suo modo di sentire, o forse semplicemente perchè gli parve che quella canzone avrebbe potuto renderla al meglio. Come è noto, Tu no, la inserì poi nell’album Piano piano, in un arrangiamento molto simile a quello proposto al Premio Ciampi nel 2001: un tributo particolarmente riuscito verso un artista molto diverso da lui, che, almeno in certi aspetti della sua vita, di regole e disciplina vive, pur essendo spesso fortemente colpito o affascinato da personalità totalmente fuori dalle regole. Mimmo, che già lo stimava come artista, conobbe personalmente Ciampi nel 1975 al Santo Spirito, dove lui già lavorava e dove Ciampi si recava per problemi legati all'alcolismo, in un reparto in cui lavoravano dei medici suoi amici che anche Mimmo frequentava. Qualche anno più tardi, in occasione di una frattura al femore, fu ricoverato proprio nel reparto di chirurgia con letti d’ortopedia dove M. prestava servizio. Non mi pare, da quel che Mimmo racconta, di poter dedurre che ci fosse tra i due quella stretta amicizia che molti che scrivono di entrambi attribuiscono loro, ne’ che lui fosse il suo medico curante, e neppure - ho letto anche questo - che quando morì, Ciampi fosse assistito da Locasciulli. Durante la degenza, Ciampi non gradì molto che il giovane medico gli facesse “sequestrare” dagli infermieri i fiaschi di vino che si faceva portare in ospedale. “Guarda Piero, se sei qui c'è un motivo e il vino non è contemplato” si trovava a dovergli ricordare Mimmo, e “Te non mi vuoi bene, non mi fai bere” faceva eco Ciampi. Credo che a Mimmo queste parole siano rimaste bene impresse, ma come medico nell’esercizio delle sue funzioni, pur comprendendo la condizione dell’altro, non aveva certo scelta. Andò a trovarlo con De Gregori quando, ricoverato in un altro ospedale, il San Filippo Neri, Ciampi era già stato colpito dal tumore alla gola, che poco tempo dopo se lo sarebbe portato via. “Non credo che mi abbia mai perdonato”, racconta Mimmo. Per un alcolista non è facile capire che un altro possa agire nel suo interesse privandolo dell’unica cosa che forse conta per lui.

Leggendo la vicenda di Piero Ciampi, mi è venuto spontaneo pensare a un'altra figura di intellettuale, forse perché toscani entrambi, con una forte dipendenza dall’alcol entrambi, poco inclini a stare dentro le regole, irrequieti e morti entrambi giovani: mi riferisco allo scrittore, bibliotecario, insegnante, giornalista, traduttore grossetano Luciano Bianciardi. Sono stata felice di constatare a posteriori che la mia intuizione poteva avere un fondamento, se anche la figlia di Bianciardi, Luciana ha parlato di questo possibile parallelo, in un incontro, che si è tenuto il 14 novembre, con il giornalista Paolo Pasi, in occasione proprio del Premio Ciampi 2009. L’incontro, dal titolo “Ciampi e Bianciardi: le affinità elettive” si poneva l’obiettivo di indagare se esistessero tratti comuni tra i due, se temi poetici ed esistenziali dell'opera di Ciampi potessero trovare riscontro in quelli dell'opera e della vita di Bianciardi al di là della (cito) “etichetta condivisa di maledetti.”
Io di Bianciardi avevo sentito tanto parlare, del suo romanzo La vita agra in particolare, e avevo letto della sua storia, ma mi sono accostata alla lettura delle sue opere abbastanza di recente, quando è uscito un bel libro,
L'*antimeridiano : tutte le opere / Luciano Bianciardi ; a cura di Luciana Bianciardi, Massimo Coppola e Alberto Piccinini. - Milano che ne raccoglie tutta l’opera. Oltre le opere più note, c’è un racconto che mi è piaciuto molto, La mamma maestra, uno scritto ricco di ironia in cui Bianciardi descrive il rapporto con la madre, che continuava la sua professione anche tra le mura domestiche e nel rapporto con il figlio ormai adulto e da tempo lontano da casa: maestra in ogni sua fibra. (Caso non infrequente da riscontrare. Mimmo mi impiccio dei fatti tuoi e te lo chiedo: "Mamma quarant'anni dentro una scuola" a casa, con voi "quattro pezzetti di grazia di Dio" come è stata?)

Per quanto riguarda Piero Ciampi, diverse sono le pubblicazioni che lo riguardano.
Ricordiamo l’opera del giornalista, scrittore e responsabile artistico del Club Tenco, Enrico De Angelis, che molto si è occupato di musica e canzone d’autore in particolare, e altre due pubblicazioni più recenti. Eccole:


Ciampi, Piero


Soffermiamoci brevemente sullo spunto di riflessione fornito dal titolo: il senso delle commemorazioni, se un senso ce l’hanno. Numerosi sono i casi di artisti non compresi appieno in vita, o addirittura ignorati, che dopo la morte, spesso una morte precoce e crudele, sono stati osannati e celebrati, con riconoscimenti postumi. Certo sarebbe meglio riuscire a comprendere il valore di un artista quando è ancora in vita, e tributargli il giusto riconoscimento e le giuste gratificazioni, per quanto magari una persona particolare e anche un po’ difficile come Piero Ciampi forse neppure avrebbe troppo gradito una facile popolarità e neppure percorrere strade troppo battute. Ben vengano in casi come questi anche le commemorazioni (non nel senso di cerimonie formali e ufficiali di facciata) e tutte le manifestazioni che attorno al ricordo dell’artista ruotano: un artista vive anche nel ricordo di chi anche a distanza di tempo capisca il suo valore. Parlarne, cantare sue canzoni, dedicargli premi e incontri e serate musicali è un modo per perpetuarne la memoria, per non farlo morire mai.
Voglio pubblicare Tu no, come omaggio anche a Mimmo che canta davvero con grande coinvolgimento questa canzone, e la adatta perfettamente "alle sue misure", e poi Ha tutte le carte in regola di cui ricordo l’interpretazione del grande Gino Paoli. (Vado fuori tema, ma questa cosa la voglio dire: ho un ricordo struggente di lui che canta con la figlia Amanda: la tenerezza tangibile del rapporto padre-figlia, davanti alla quale non riesco mai a rimanere insensibile).

TU NO
Testo e Musica di Piero Ciampi
© 1974 BMG Ricordi

Tu no tu no tu no tu non devi andare via
Tu non puoi andare via tu no tu no tu no
Anche se ti ho fatto male
Anche se ti ho esasperata
Tu no tu no tu no sono a tua disposizione
Per la vita e per il cuore
Tu no tu no

Tu no tu no tu no ti ricordi Via Macrobio?
Qualche volta eri felice
Tu no tu no tu no sedevamo nel giardino
Mi ascoltavi con amore
Tu no no tu no tu che sai tutto di me
Tu che hai la mia fiducia
Tu no tu no tu no

Tu no tu no tu no si lo so che non ho niente
Si lo so che ti ho delusa
Ma tu amore tu hai amato i miei silenzi
Hai capito i miei discorsi
Tu no tu no tu no i milioni di rinunce
Che ti ho fatto sopportare
Le ho pagate care

Tu no no no è difficile capirsi
E’ difficile aiutarsi
Lo so è colpa mia io non ho mai fatto niente
Per condurre la mia vita
Ma tu devi sapere io non so più cosa fare
Non capisco questa vita
Tu no amore no tu no

Ha tutte le carte in regola
testo e musica di Piero Ciampi

Ha tutte le carte in regola
per essere un artista
ha un carattere melanconico
beve come un irlandese
se incontra un disperato
non chiede spiegazioni
divide la sua cena
con pittori ciechi, musicisti sordi,
giocatori sfortunati, scrittori monchi
Ha tutte le carte in regola
per essere un artista
non gli fa paura niente
tanto meno un prepotente
preferisce stare solo
anche se gli costa caro
non fa alcuna differenza
tra un anno ed una notte
tra un bacio ed un addio
Questo è un miserere
senza lacrime questo è il miserere
di chi non ha
più illusioni
Ha tutte le carte in regola
per essere un artista
detesta lavorare
intorno a un parassita
vive male la sua vita
ma lo fa con grande amore
ha amato tanto due donne
erano belle, bionde, alte, snelle
ma per lui non esistono più

E perché è solo un artista
che l'hanno preso per un egoista
la vita é una cosa che prende, porta e spedisce

domenica 17 gennaio 2010

PRIMO APPUNTAMENTO NELL'AGENDA DI GENNAIO

Mercoledì 20 gennaio, Mimmo Locasciulli terrà una conferenza-concerto presso l'auditorium del Cams, http://www.unical.it/portale/strutture/centri/cams/ Centro per le Arti, Musica e Spettacolo, dell'Università della Calabria, che si trova ad Arcavacata di Rende, in provincia di Cosenza. Il suo contributo è inserito all’interno della 19° edizione del Festival internazionale “Accademia del Jazz” che quest’anno ha scelto come tema "Le forme del canto", ossia la voce intesa come strumento, in programma dal 18 di gennaio, e ne costituirà l’evento conclusivo. La manifestazione nasce da una collaborazione dell’Università della Calabria, con il Centro Jazz Calabria, http://www.centrojazzcalabria.com/ istituzione culturale di grande importanza, punto di riferimento in ambito musicale, audiovisivo e multimediale per tutto il sud, che ospita al suo interno L’Archivio discografico centro di documentazione sonora, organizzato in più sezioni: una Biblioteca emeroteca specializzata in pubblicazioni di carattere musicale, una fonoteca, una videoteca e una fototeca. Il CJC pubblica una rivista specializzata intitolata Musica News, promotrice di un premio musicale, Il Premio Internazionale Musica News, assegnato quest’anno proprio a Mimmo Locasciulli. Glielo consegnerà in occasione del concerto del 20, il presidente del CJC Francesco Stezzi. La redazione ha inteso così riconoscere all’autore il merito di aver composto un album di grande valore, ed è evidente che ci riferiamo a Idra. Sono convinta che Mimmo, non sempre, per sua stessa ammissione, interessatissimo ai premi, gradisca molto invece questo riconoscimento e per il qualificato ambito dal quale proviene, e perché, come già diverse volte è stato evidenziato anche su queste pagine, considera Idra un momento importante del suo percorso artistico e umano, un’ulteriore tappa nel cammino di continuo perfezionamento e arricchimento che caratterizzano il suo “modo” di “stare” dentro e fuori la musica. La manifestazione del 20 gennaio, avrà inizio alle 20,45. L’ingresso è libero, fino ad esaurimento dei posti. Mimmo, per la prima volta all’Università della Calabria, non è nuovo a manifestazioni di questo tipo. Ricordiamo ad esempio diverse sue partecipazioni ad eventi che si sono svolti a Tor Vergata a Roma, e anche all’Università di Teramo. "Giovane" tra i giovani, accompagnato da uno ancora più giovane: si esibirà infatti in duo con suo figlio Matteo al contrabbasso. Spero vivamente che la serata abbia poi diffusione sul web, essendo molto interessata, oltre che allo spettacolo musicale in sè, alla conferenza.

Arcavacata, lunedì 18 gennaio 2010 UNIVERSITA' DELLA CALABRIA

C.A.M.S.-Associazione Centro Jazz Calabria "Rassegna Jazz" (dal 18 al 20 Gennaio)Stagione Universitaria 2009/2010
Rassegna Jazz dal 18 al 20 Gennaio
Spazi CAMS ore 20.45 Conferenza-Concerto

"Le forme del canto"
Lunedì 18
Badarà Seck & La Penc

Martedì 19
Luigi Grechi (De Gregori)
Mercoledì 20
Mimmo Locasciulli
In collaborazione con Centro Jazz Calabria


giovedì 14 gennaio 2010

COSA RESTA DI "QUELLO CHE CI RESTA"?



Mentre Mimmo Locasciulli appare saldamente ancorato al suo presente artistico continuando la presentazione di Idra (ci sono in programma per il mese di gennaio due concerti in due punti della penisola distanti tra loro, il primo, il 20 a Rende in provincia di Cosenza, il secondo, il 26, a Bologna) e già, forse, scrive nell’agenda della sua memoria e in quella del suo cuore, e magari su qualche taccuino di carta (sul computer mi pare di aver capito che non scriva le sue sensazioni in embrione) appunti che potrebbero trasformarsi in nuove canzoni, io cosa propongo? Un salto indietro nel tempo di trentatré anni, che mi catapulta nel lontano 1977. Mi basta chiudere gli occhi per sentire la musica, respirare l’atmosfera e i profumi di quell’anno che per me è stato molto particolare, nel bene e nel male. Qui però l’attenzione è rivolta ad un’altra persona: come è giusto che sia, le luci del palcoscenico sono puntate su di lui.

Nel 1977 Mimmo era un giovane medico di 28 anni, che muoveva i primi, ma non primissimi, passi nell’ambito della chirurgia: insomma era già abbastanza esperto col bisturi. Che altro c’era nella sua vita oltre le bianche corsie? Forse la scuola di specializzazione, di sicuro la musica, i locali in cui si esibiva, un’occhio attento a quello che accadeva intorno, che erano anni particolari, e, fatto nuovo nella sua vita, e molto molto coinvolgente, una musica nuova, in casa, quella del pianto e delle risa del primo bambino. Insomma era abbastanza impegnato e aveva tutti i numeri per essere contento, direi.
Proprio nel 1977 Mimmo pubblicava il suo secondo album, il primo con la RCA (ripassare non guasta mai: il primo in assoluto era Non rimanere là, uscito con l’etichetta Folkstudio nel 1975) intitolato Quello che ci resta. Oggi mi sto imbarcando in un’impresa da poco: scrivere di un album che non ho mai sentito. Ho letto i testi delle canzoni, di una di esse ho già parlato nel post, che in realtà avrebbe dovuto avere un seguito e ancora non l’ha avuto, sulle figure femminili nelle canzoni di Locasciulli. Mi riferisco a Canzone per Nadia. L’unica canzone che ho ascoltato è Alone che Mimmo ha riproposto in Delitti perfetti. Non pensavo fosse un brano così lontano nel tempo. L’album non si trova in vendita, (almeno io non ne ho trovato riscontro, potrebbe apparire qualcosa su E-bay, come di tanto in tanto succede con vecchi album di Mimmo) le canzoni a parte Alone appunto, non sono state riproposte in raccolte, o inserite in pubblicazioni successive. Immagino siano pochissimi quelli che possiedano Quello che ci resta. Mi piacerebbe sentirlo, per avere un quadro completo. Credo che ormai sia un pezzo da collezionista; ce n’è una gran quantità, di appassionati del vinile: tra loro magari ci sono anche estimatori di Mimmo e custodiscono il disco gelosamente. Ho letto le poche recensioni che ho trovato su questo lavoro. E qui devo prendere in prestito concetti non miei, anche se rielaborati: un passo avanti rispetto al precedente disco, questo è più completo e più maturo, ci sono fior di musicisti, (che non cito, al solito rimando al sito) piccole storie, ma anche un’attenzione al sociale, oltre che alle origini e ai ricordi. Una voce non tanto curata, ma interessante. Cosa me ne importa della voce curata? Da un punto di vista strettamente tecnico poteva essere e può esser vero, non è certo difficile trovarne anche numerose, anche tra cantanti non professionisti, di voci tecnicamente ineccepibili, senza però nessuna personalità, senza però nessuna capacità di far scaturire emozioni. Il fatto è che la sua voce ha caratteristiche uniche, e quando la ascolti ti smuove qualcosa dentro. Io questo l’avevo capito subito, quando sentivo alla radio quel giovane uomo, che ora definirei ragazzo, che cantava di fili di fumo, i ricordi, che bruciano gli occhi, di cappelli calati sugli occhi e tanta gente ancora da incontrare (e tanta ne avrebbe incontrato, negli anni a venire, e alcuni incontri sarebbero stati davvero fondamentali) ed ero stata catturata dalla voce e dalla canzone senza neppure sapere ancora chi fosse, come si chiamasse.
Un album di cui si parla poco; neppure l’autore ne parla, se non per ascriverlo al periodo folk della sua prima produzione, in cui inserisce anche Non rimanere là, quando gli chiedono quali e quanti siano i periodi, i momenti della sua produzione, e da cosa siano caratterizzati. Non so se Mimmo canti ancora nei suoi concerti qualcuna di queste canzoni. Da quel poco che ho letto, non tanto nelle due recensioni dell’album che ho trovato, ma in quello che è stato scritto dopo a proposito della produzione del secondo “momento” artistico di Mimmo, dal 1980 al 1983, da Quattro canzoni di Mimmo Locasciulli a Sognadoro passando per Intorno a trent’anni, appunto, per evidenziarne il superamento e la maturità acquisita, mi pare di capire che Quello che ci resta fosse considerato un album un po’ “pesante” troppo “cantautorale” e non nel senso migliore del termine, un po’ serioso insomma, anche se meno dell’album di esordio che, evidentemente non capisco nulla, a me, nella sua presunta pesantezza, possibile ingenuità, essenzialità musicale, piace e mi commuove anche un po’(commozione interna, niente lacrime). A una giornalista Quello che ci resta piacque (Maria Laura G. Giulietti che lo recensiva per Ciao 2001) e ne diede un lusinghiero giudizio: Un disco fiabesco, forse incantato. Non posso esprimermi se non per quanto attiene alle sensazioni che mi hanno suscitato le parole dei testi letti, e come al solito io sottolineo sempre la non tecnicità dei miei giudizi, che mi piace di più definire semplici riflessioni. Certo ribadisco che anche fare delle semplici riflessioni su testi di cui non si conosce la melodia e l’interpretazione è sicuramente un azzardo, (tutto questo blog un po’ lo è, giocato sul filo dell’azzardo, a partire dalla scelta del destinatario e del modo in cui è costruito) ma con questo, come al solito lungo scritto, ho voluto portare l’attenzione su un lavoro che mi pare, forse ingiustamente, dimenticato.
Forse non è un’operazione del tutto corretta neppure quella di estrapolare dei versi dalle canzoni, ma è da intendere come omaggio, e non come mutilazione.

Le canzoni d’amore sono tre, la title track appunto, che parla in maniera molto delicata di un amore finito, e si domanda quello che resta quando un amore finisce, (se si è fortunati e qualcosa resta che non sia la sofferenza o il livore). Il rispetto, che Mimmo auspica nelle ultime interviste, in cui glielo domandano in riferimento ai versi di Lucy, mi pare cosa alquanto rara.
Nel caso nostro, rimaniamo senza risposte: si sa solo cosa non sia “quello che ci resta”.

Quello che volevo me l’hai dato
Tu chiedevi ed hai trovato
La risposta che aspettavi
Quello che ci resta
Non è solo un alibi del tempo
Non è solo un’ eco
Nella sera

La suggestiva Alone che sembra anch’essa far riferimento a un amore passato cui si guarda con un po’ di rimpianto, e un po’ di rassegnata curiosità per ciò che aspetta lei alla fine della storia. (Dove sarai domani?)

Se tu mi avessi avuto
Se tu mi avessi dato un po’ di più
Ora la tua cometa
Non sarebbe la tua cella

Infine Il rosso del mattino, in cui appare uno dei temi da sempre cari a Mimmo, la notte, che qui stranamente ha una valenza negativa, perché l’amata sembra averne paura. Al "lui" della canzone non resta che rasserenarla con la certezza che un nuovo mattino di lì a poco sorgerà..

Il cielo adesso è già più grande
(La tua promessa è più sincera)
Il cuore è in pace
La paura è più lontana
La notte è vinta e muore
Al giorno nuovo che verrà

Dove va la stagione ci immerge in un tempo senza tempo, immutato da secoli, di una vita in mezzo alla natura, difficile, ma anche bella, forse solo per chi la osserva dall’esterno, e non per chi la vive. Parla della vita dei pastori, qui un padre e un figlio bambino dietro un gregge, con tanto tempo per pensare e sognare ciascuno i propri sogni.

Una sera che il padre
Disteso alla fiamma e alla fonte diceva
"Eh! Potessi arrivare almeno una volta
Alla schiuma e alla brezza del mare"
Lui sognava la tromba e la banda al paese
E una casa davvero e la figlia di Pietro
Teresa dai riccioli d’oro

Al fiume mi sembra a una lettura senza ascolto una canzone difficile. A chi l’ha recensita è piaciuta molto la frase E datemi solamente un’ora da ricordare,/ Sarà la mia fortuna. A me piace di più Cuore di falco e denti stretti alla fatica/ Sono la mia salvezza.
Mimmo è affezionato all’espressione Cuore di Falco, che ritroveremo qualche anno dopo in Piccola luce.

La mia gente se ne va fa riferimento ai conterranei di Mimmo costretti a lasciare con dolore la propria terra per riuscire a sopravvivere.

La mia gente se ne va
Resta un’eco che non fa rumore
Resta un’ombra di dolore
Che nessuno mai cancellerà

Il tema dell’emigrazione è trattato anche nella Canzone a mio nonno. Il nonno di Mimmo, partì in America e ci stette trent’anni per poi tornare a vivere in patria. Un tema che evidentemente ha molto toccato la sensibilità del Nostro, siano i migranti gli Italiani del passato, anche di un passato relativamente recente costretti a subire angherie e discriminazioni, siano i migranti i disperati e gli ultimi che da qualche decennio raggiungono le nostre coste, o quelle di altri paesi ricchi, o considerati tali, e si trovano a subire angherie e discriminazioni da molti Italiani che pur avendolo vissuto, quel passato hanno dimenticato. Questo discorso si potrebbe ampliare, anche se molto è stato scritto e detto, in riferimento a Idra.

Mimmo è stato a Ellis Island a visitare i luoghi teatro dei primi contatti degli immigrati negli Stati Uniti, con le regole ferree e con i sistemi non troppo umani con cui venivano accolti. Credo che una certa sensazione gli abbia procurato vedere le “gabbie” dove i migranti erano lavati e disinfettati al loro arrivo; una pratica collettiva alquanto umiliante, e non credo si trattasse di confortevoli docce calde e di schiume profumate. Quella della doccia è una costante quando si vuole “marchiare un vinto”. Troppo facile sarebbe il parallelo con le docce gelate che accoglievano gli “ospiti” dei campi di concentramento, anche questi da marchiare e da disinfettare, quando non da sopprimere immediatamente. Sentire Mimmo parlare delle sensazioni provate durante la (o le) visite a Ellis Island, mi ha fatto venire immediatamente in mente la scena di un film, dove allo stesso violento e umiliante rito delle docce collettive, effettuate con potenti getti d’acqua mista a disinfettante, vengono sottoposte le povere nuove schiave del sesso di questi anni, portate spesso con l’ingannevole promessa di un lavoro d’immagine ben remunerato, in un paese ricco, e ridotte invece a prostitute-schiave che non possono neppure gestire i loro guadagni, anzi neppure li vedono. Il film in questione si intitola Promised Land, (2004) del regista israeliano Amos Gitai, e racconta in modo crudo e sconvolgente, che colpisce con la stessa intensità violenta di un pugno nello stomaco, la vergognosa tratta di giovani, belle, e anche illuse ragazze dell’est, convinte di andare in un paese ricco a fare la bella vita, e finite, moderne schiave, in Israele, vittime di un traffico losco ordito con la complicità di avventurieri sia Israeliani sia Palestinesi, che trovano un punto d’incontro proprio in un lucroso progetto criminale comune. Il film di Gitai è pur nella sua crudezza, di rara bellezza. Accomunano gli immigrati di inizio secolo alle schiave del sesso del nuovo millennio, al di là della pratica delle docce, l’appartenenza al mondo degli ultimi e degli oppressi; per fortuna molti immigrati italiani (e non solo) negli Stati Uniti, a costo di molte umiliazioni, molto lavoro, e una certa dose di fortuna sono riusciti a farcela, e, se non loro, i figli, a ottenere ruoli di prestigio.
La cronaca ci racconta quanto sia difficile per le ragazze riuscire a fuggire e a ribellarsi.
Il nonno di Mimmo credo fosse quello che suonava il mandolino; immagino fosse il padre di suo padre e che questa propensione per la musica attraversi la famiglia per via patrilineare, ma non ne sono certa. La nonna cantante lirica che quasi quasi faceva nascere suo figlio (il padre di Mimmo) sul palcoscenico sarà la più bella della città cui si fa riferimento nella canzone? Perché ho sempre bisogno di avere tutta questa abbondanza di particolari e di trovare l’incastro perfetto del puzzle? In fondo sia nonno materno o paterno, non cambia la sostanza.

Ecco proprio Canzone a mio nonno, che non so se, a un eventuale ascolto, risulti per me la più bella dell’album, ma è uno dei non tantissimi esempi esplicitamente (non velatamente o probabilmente) autobiografici della produzione di Mimmo.


CANZONE A MIO NONNO Testo e Musica di M. LOCASCIULLI
© 1977 Edizioni Musicali BMG Ricordi / Jeans
Il giorno che mio nonno è ritornato
Qualcuno scommetteva "Non è lui,
Sembra diverso nello sguardo e nel sorriso
E quei gambali lui non ce li ha avuti mai"
Ma lui parlava e raccontava
E sorrideva con cordialità
"La nave è andata troppo piano,
L’America è una donna che non si stanca mai
Quando sei giovane ce la fai
Però in trent’anni mi ci sono massacrato
E mi sono consumato fino al cuore
E non ce l’ho fatta più
E poi la terra non si lascia"
(Giù bottiglie, giù risate e giù canzoni)"
No, la terra non si lascia
La terra è amica e non tradisce mai"
Un giorno poi mio nonno s’è sposato
S’è preso la più bella della città
Sempre fedele, sempre riservata
Senza pretese e senza tante vanità
Lei che rapita dalle sua cravatta americana
Gli ha dato la mano e gli ha detto di sì
E così lui se l’è portata via
Nel cielo nel vento nella primavera
E dopo la notte dopo il paradiso
Un po’ per usanza un poco per ingenuità
Lei gli disse "Adesso prenditi la mia vita
È giusto che appartenga a te"
Ma lui la prese tra le braccia
Dicendo "Tu sei il porto della mia pace
Ed io non voglio la tua vita
Mi basta solamente un po’ d’amore"
E adesso che mio nonno s’è invecchiato
Confonde le stelle coi ricordi di gioventù
Giorno per giorno qualcosa l’ha tradito
Un po’ come aspettare
Qualcuno che non verrà mai
Un po’ come svegliarsi nel cuore della notte
E sentirsi più soli in mezzo alla città
L’inverno gela anche i tramonti
Spezza corolle stempera colori
Piega le donne al pane e ai focola
iE gli uomini alle carte e alle osterie
E i cani silenziosi e desolati
A rincorrere perdute dignità
Ormai la vita l’ha lasciato
Alla sua ultima ragione
("Chissà se ho vinto o se ho perduto
ma quello che ho fatto
giuro che lo rifarei").

domenica 10 gennaio 2010

MEA CULPA, MEA CULPA, MEA GRANDISSIMA CULPA


Son desolata, ho commesso diversi errori, nell'ultimo post, e sono ancor più dispiaciuta perchè dipendono esclusivamente dalla mia distrazione, e non da notizie dubbie, come a volte mi capita di trovare. Intanto ho scritto che alcune delle canzoni di Tango dietro l'angolo sono state riproposte da Mimmo Locasciulli in Delitti perfetti: quando mai? E dire che Delitti perfetti lo conosco perfettamente dagli anni novanta, non è uno di quei lavori che ho imparato ad apprezzare da quest'estate in poi. Avendo spesso la testa tra le nuvole, anzi tra i nembi, ho confuso marchianamente Cala la luna con Luna vagabonda. Potrebbe anche trattarsi di una piccola vendetta della Luna infastidita perchè ho tentato di farle un'intervista e lei, da buona primadonna, non ne concede. L'equivoco nasce forse anche dal fatto che nel bel Dvd del cofanetto menzionato, Mimmo propone oltre che i brani di Tango dietro l'angolo, anche alcuni dei suoi successi più noti, ospitati anche in Delitti perfetti. Non è una minuscola imprecisione, ma un errore grave. Me ne scuso.

Altre imprecisioni: ho scritto che Mimmo nel video suona la grancassa: in realtà suona diversi tipi di tamburo, che hanno probabilmente nomi diversi che io non sono in grado di attribuire; mi piacerebbe molto saperlo e magari farò una ricerca sulle percussioni. La grancassa me la sono sognata.

Ancora, tanto per fare una confessione completa che mi auguro terminerà con un'assoluzione e come penitenza un ascolto supplementare (già piacevolmente auto-impostomi) dei due album in questione. Riferendomi alla performance di Ballando parlo di carte lanciate sul palco, di assi; in realtà l'ultima carta non è un asso, non ho capito bene cosa sia, forse sono carte napoletane, bastoni? Questa non viene lanciata, come le altre, ma inserita e ben custodita nel taschino della giacca. Immagino tutto ciò abbia un senso profondo collegato alla canzone, ma io non l'ho saputo cogliere. Molti sono i miei limiti: grande la mia buona volontà. Ci saranno errori anche in altri post, probabilmente, e ne commetterò ancora. Chi li colga e ne abbia voglia, mi farà cosa gradita a segnalarmeli, se non sarò in grado di rendermene conto da sola, come è accaduto oggi. Il blog ne sarebbe arricchito, e non svilito, e sarebbe ancor più serio, pur nell'ironia e autoironia affettuosa e benevola, ma talvolta grottesca, che ne è stata in alcuni casi sale e spezia.
Sperando di non aver aggravato la mia situazione processuale: non sono evidentemente in grado di commettere... Delitti perfetti. A presto su questi schermi con altre notizie e altri errori, e magari meno... ironia?

giovedì 7 gennaio 2010

IL GIOCATTOLO NUOVO DI FOLGORATA


Mi ero proposta di non “postare” più di una volta in una settimana, per non inflazionare, e anche per non bruciare tutto troppo in fretta. Questo è un mio limite, io non so aspettare, e quando una cosa mi piace la addento e la divoro, o la mangio a cucchiaiate tutta in una volta, come mi succede con un bel vasetto di crema di marroni: cand’è ispacciau, é ispacciau. (Quando non ce n’è più, non ce n’è più.) Avendo una motivazione forte, che mi ha spinto a scrivere, come scoprirà chi non si lascerà scoraggiare da un pezzo non propriamente breve, è difficile non cedere alla tentazione.
Quale sarà l’atteggiamento giusto nella vita? Andar cauti, riflettere accuratamente prima di buttarsi in qualcosa, o se dentro un pungolo impertinente ci spinge a farlo, buttarsi? Io spesso ho questa frenesia, devo assolutamente buttarmi, anche se so che talvolta sarebbe meglio aspettare: niente da fare, vado, lancia in resta, vado e poi mi pento. “Sei come quello che la faceva in mare e poi la rivoleva” - Mi dice un signore con cui ho una certa confidenza, quindi può permettersi certe licenze.
Qualche rischio bisogna pur correrlo…(In questo caso una percentuale bassissima.)


La Befana ha portato un piccolo pacco regalo a Folgorata, che da buona grafomane le aveva scritto per tempo una bella letterina: “Cara Befana, ti prego fammi felice; portami a casa Mimmo Locasciulli in tutto il suo fulgore di quarantenne tutto fumo e America da riconquistare; portamelo con quella bella faccia da duro tenero, portamelo con tanta, ma con tanta voglia di cantare e suonare, portamelo con una giacca con due belle tasche piene di sorprese da tirar fuori quando magari mi annoio un po’, per tenere viva la mia attenzione; portamelo che davvero non so più aspettare, fammelo cantare e fammelo suonare, Befana, che ho tanta voglia di lui.”
La Befana, cortese mi ha risposto subito quanto segue: “Cara Folgorata, anche le Befane hanno i loro limiti, quelle moderne, poi…Tu tanto bravina non sei stata, quindi il massimo che io possa fare per te è inviare una richiesta a Ibs e farti pervenire il Cofanetto Universal che contiene quattro CD più un DVD del soggetto in questione, dove mi pare ci sia tutto quanto auspichi nella tua accorata richiesta. Ricordati che chi si accontenta gode e vedi di far meglio in questo 2010: casomai se ne riparla. Intanto per il momento trastullati con i giocattoli nuovi."

Davanti a una risposta tanto opportuna e sensata della Befana io cosa potevo fare? Accontentarmi e giocare, e così ho fatto. Intanto ho scartato il pacchetto, che contiene un bel cofanetto di cartoncino all’interno del quale ci sono quattro album di Mimmo, più un Dvd. Gli album sono Tango dietro l’angolo, del 1991, Delitti perfetti del 1992, Uomini del 1995, Il futuro del 1998; il Dvd contiene un video di uno spettacolo dal vivo in cui Mimmo canta le canzoni di Tango dietro l’angolo, e alcuni dei suoi successi più noti. Il motivo che mi ha spinto all’acquisto, è stato colmare una delle mie lacune: non avevo mai posseduto ne’ ascoltato Tango dietro l’angolo, anche se conoscevo alcune delle canzoni in esso contenute, perché poi Mimmo le ha riproposte in Delitti perfetti e in Aria di famiglia, che mi facevano già buona compagnia. Non avevo dunque mai ascoltato Tutto bene, Mosche e mosquitos, Siamo noi, Portamenti turistici e Buonanotte nella pioggia. Il primo ascolto è avvenuto alle sei del mattino, a volume basso per non disturbare i vicini, ed è stato un incontro molto coinvolgente, che ha reso più piacevoli le mie numerose incombenze delle prime ore del mattino. Una versione più lenta di Tango dietro l’angolo, rispetto a quella di Aria di famiglia, una dolcezza particolare in Due amiche, la facilità con cui mi sono entrate nelle orecchie le canzoni mai sentite prima, (gli addetti ai lavori definiscono questo un album non facile e poco orecchiabile, per me non è stato così) Luna vagabonda nella seconda versione trascinante e travolgente che mi ha dato una gran carica, il coup de foudre per Buonanotte nella pioggia. Le riascolto nel pomeriggio, e mi viene una gran voglia di ballare, tanto non mi vede nessuno: passi incerti e istintivi, però mi è proprio impossibile star ferma. Ora avendo io infranto quasi ogni tabù (cantare e saltare…) temo che mi metterò pure a ballare in pubblico, cosa che ho sempre evitato di fare perché mi creava più disagio che l’idea di salire su un tavolo di un locale pubblico e improvvisare uno strip. Poi capisco che il coup de foudre per Buonanotte nella pioggia diviene in pochi ascolti amore vero. Quei versi in francese, che meraviglia: mi piace molto Mimmo che canta in un’altra lingua. Ora mi viene il gran desiderio di sentirlo mentre interpreta una canzone del suo antico repertorio giovanile, quando cantava Brassens nei locali perugini (?) e romani…Di quanto mi piaccia quando canta in tedesco in Hotelsong, credo di aver già scritto. Cos’è che non mi piace della produzione di Mimmo? Posso affermare in tutta onestà, che mi piace tutto, anche quel poco che mi piace meno.

Ricordo solo che Tango dietro l’angolo è il secondo album di Mimmo, dopo (Adesso glielo dico) dove c’è la presenza di Greg Cohen, ed è il primo registrato a New York. Tacerò degli altri valenti musicisti che hanno collaborato, della raffinatezza dell’album, del fatto che Tango dietro l’angolo non c’entra niente col tango che caso mai é Avrò diamanti, lasciando ad altri più autorizzati a farlo queste e altre considerazioni. Pertanto per recensioni, schede tecniche, ulteriori informazioni rimando come al solito al sito di Mimmo. http://www.mimmolocasciulli.com/

Ed ora eccoci al secondo giocattolo, col quale per circa un’ora (dura di più, ma ho per ora visto solo lo spettacolo, e tra gli “extras” il documentario di Tango dietro l’angolo; tanto ci giocherò ancora molte volte…) mi sono molto divertita: un’ora di relax completo, mentre fuori pioveva e nella stanza non volava una mosca, e neppure un mosquito, nessuna luce era accesa, se non quella piccola responsabile della mia folgorazione che è però una categoria dello spirito. Dico subito che il video da un punto di vista tecnico ha i suoi limiti. Sono vecchie riprese su ci si è intervenuti in seguito: evidentemente più di quanto si è fatto non si poteva fare; c’è poi uno sfasamento tra il movimento delle labbra e il suono, come in un film doppiato male, come in un playback maldestro, e questo non è molto piacevole, però… come diceva la Befana, chi si accontenta gode e io me lo sono molto goduto, questo DVD.
Mimmo canta senza risparmiarsi ben diciasette canzoni, suona diversi strumenti, (tastiere, chitarra, armonica, tamburo, grancassa, maracas…) e accompagna l’esecuzione di Ballando con una seduttiva performance in cui finge di accendere una sigaretta e non l’accende mai, tira fuori dalle tasche delle carte da gioco (assi) e le lancia sul palco, mantenendo stampata sul viso un’espressione alquanto imperturbabile e imperscrutabile. Si leva e si mette il cappello e gli occhiali, quei Rayban neri, molto in voga in quegli anni che gli danno un’aria da duro cinico che dissuade dall’avvicinarsi. Ha un po’ un look da gitano, Mimmo, in quella occasione come in altre: la chioma crinoricciuta molto lunghetta sulla nuca fa la sua parte, la camicia molto aperta sul petto, la catenina col ciondolo e il braccialetto pure, come anche, in questi ultimi anni le giacche scure e un po’ lucide, e le camicie con le stesse caratteristiche che indossa nei suoi concerti. Sandra è un po’ in difficoltà quando alcuni grilli parlanti le fanno notare che lei ha sempre detto peste e corna degli uomini con i capelli lunghetti sul collo e le catenine e cose simili, ma lei risponde che Sandra è un conto, Folgorata un'altro, gli uomini sono un conto, Mimmo Locasciulli una categoria a sé, che si prende in toto: quelli che per Sandra potrebbero essere aspetti sgradevoli, per Folgorata diventano dettagli insignificanti, anzi finiscono per esercitare pure un certo fascino, sulla nostra autoproclamatasi Vestale del Sacro Tempio di Mimmo con il compito di tenere sempre accesa la piccola luce.

La scenografia del palco sembra davvero uno squarcio di Mimmopolis: atmosfera retrò, un lampione, sul quale è appoggiata una vecchia bicicletta, luci fluo, strumenti musicali di tutti i tipi… Immagino che siano stati operati degli inevitabili tagli alle riprese originali, nel senso che non tutto lo spettacolo è stato evidentemente riversato: tra un brano e l’altro, delle dissolvenze; peccato, avrei voluto sentire anche qualche parola che il Nostro sicuramente avrà dedicato al suo pubblico festoso, e non solo quei Gra-ziee!!! e i nomi dei musicisti, (un Greg Cohen con i baffi, che sembra il gemello separato alla nascita di Sergio Cammariere) ma da questo punto di vista so che prima o poi, non so ne’ quando ne’ dove, ma sono fiduciosa, lo sentirò parlare col suo pubblico, tanto non ho fretta: ho solo quarantanove primavere e come è noto, la vita vera inizia a cinquant’anni. Magari quando accadrà Mimmo verrà ad allietare una serata altrimenti triste della casa di riposo per anziani indigenti dove troverò asilo. Finirà pure che metterò da parte ogni pudore residuo e mi metterò a ballare, davanti a tutti, (gli ospiti della casa di riposo) non come faccio di tanto in tanto ora senza testimoni.
Una curiosità che forse stanotte mi leverà il sonno: ma Mimmo ballerà, avrà ballato in passato? Come la vedo io: non è stato ragazzo ne’ giovane uomo da discoteca; (nel senso che non credo sia stata una delle sue grandi passioni, la discoteca) non si è scatenato troppo con gli svelti; (o invece magari si?) i lenti li ha ballati anche lui, come tutti (me compresa).
Lo vedrei come un perfetto ballerino di tango, con la rosa in bocca, e anche di flamenco: l’ho detto prima che dentro di lui alberga un gitano!

domenica 3 gennaio 2010

CHE CI CREDIATE O NO, ANCH'IO UNA VOLTA HO PROVATO A FARE IL GALLETTO...



La solita osservatrice esterna, che non si basa su conoscenza diretta, ma solo su fonti (non sempre attendibili) e quello che trapela dall’indagine attenta sul personaggio, mai e poi mai avrebbe inserito Mimmo Locasciulli nel novero dei galli italiani tipici, e avrebbe avuto ragione, perché Mimmo il gallo l’ha fatto, almeno una volta, e gli ha prestato la voce, ma di gallo tedesco si trattava. E di gallo musicante, e di gallo anziano e debole e a rischio di soppressione da parte di una padrona che voleva farci un bel brodo. Tutti elementi che non potevano non far presa sul Nostro e convincerlo che si, per una volta e per una nobile causa poteva pure correre il rischio e indossare cresta e piume. (Le piume gli piacciono molto, e pure chi in genere le indossa: di questo abbiamo già scritto.) Insomma Folgorata, cos’è tutto questo mistero, deciditi e racconta. Le cose stanno così: la Casa Editrice Fabbri, quella nota a tutti in passato per la pertinacia con cui i suoi collaboratori e collaboratrici entravano nelle case degli italiani per vendere le enciclopedie e anche per il suo impegno nella pubblicazione di libri per ragazzi (alzi la mano chi ha la mia età e non ha mai posseduto una Fiaba sonora, quanti ricordi: "A mille ce n’è nel mio cuore di fiabe da narrar, lalalà" …uno dei ricordi più felici della mia infanzia) nel 2007 ha avuto secondo me una felice idea: pubblicare un libro in cui sono scritti i testi di canzoni che prendono spunto da alcune tra le fiabe più note e un disco che tali canzoni contiene. Tutto ciò nasce da un progetto dell'Istituto Barlumen http://www.barlumen.com/. Il bello è che a suonare le musiche sono stati bravi e noti musicisti e a cantare le canzoni bravi e noti cantanti. Ormai dovrebbe essere chiaro, ma sveliamo ufficialmente il mistero: Mimmo ha prestato la sua bella voce al gallo, uno dei quattro protagonisti della fiaba I quattro Musicanti di Brema. Muoio dalla voglia di sentirlo esibirsi in uno sfrontato chicchiricchì. Uno dei brani dell'album si intitola proprio Brema, nel quale canta anche il suo amico Frankie HI NRG mc, (con Mimmo in Sglobal, 2006) che a questo progetto ha partecipato prestando anche la voce a Pollicino. Come saranno andate le cose? Immagino che lui e i colleghi abbiano ricevuto una proposta, e forse sarà stata offerta loro la possibilità di scegliersi il personaggio più confacente. Mimmo oltre che per i motivi elencati prima avrà pensato bene che per una volta potesse essere divertente uscire dall'immagine consueta e fare il gallo, lasciare i panni scuri per sfoggiare piume variopinte, e abbandonare temporaneamente il cappello per una bella cresta rossa. I risultati di questa operazione non li conosco, non possiedo il libro e magari potrebbe essere l’occasione per fare un regalino a qualche bambino piccolo o grande (e con la scusa farsi una cultura). Per la fiducia che ho nelle qualità di Mimmo posso affermare senza tema di smentite che di sicuro è stato un gallo coi fiocchi, anche se ancora non l’ho sentito. Il libro, venduto insieme col disco, come già detto, si intitola Felici e Cantanti, Le canzoni delle fiabe; costa 18 euro e cinquanta e davvero può essere una buona idea per un regalino, che a regalare libri a grandi e piccini non si sbaglia mai. Ha anche una bella copertina colorata e accattivante.
La storia dei Quattro musicanti di Brema, (Die Bremer Stadtmusikanten) scritta dai fratelli Grimm, è nota, (per chi non la conoscesse o non la ricordasse la trovate in rete, anche in lingua originale) i personaggi sono quattro animali: un asino, un cane, un gatto e un gallo, (il gallo Mimmo) destinati a una fine piuttosto triste, che si fanno furbi e sfuggono a questo destino; insieme si mettono in cammino per Brema, dove pensano di fare i musicanti….
Nella città anseatica di Brema, di antica tradizione musicale (Tu che suoni spesso in Germania, Mimmo, ti sei mai esibito a Brema?) un monumento ricorda i Quattro musicanti della fiaba dei Grimm.


La giornalista tedesca Anne-Grete Braun Wolf caporedattrice della prestigiosa rivista Bier und Musik incontra Mimmo Locasciulli.

Il noto artista-chirurgo-demiurgo si trova nella sua Riserva, dove sta lavorando a un nuovo progetto; accetta di parlare con la giornalista solo perché è una grande esperta di musica e di birra, e per la stima che nutre per la cultura e il pubblico tedeschi. M.L. l’accoglie con la consueta cordialità, raccomandandole però brevità di tempi e di domande perché il lavoro incalza. Con lui il fido Greg C. che si è concesso una pausa dagli impegni internazionali proprio per sostenere Mimmo in questa nuova sfida.
Frau Braun Wolf: Herr Doktor, ci può dare qualche anticipazione sul nuovo lavoro?
Mimmo: Con vero piacere; ho pensato di scrivere un musical basato sulla fiaba I quattro musicanti di Brema. Io e Greg stiamo scrivendo le musiche e i testi; siamo molto impegnati, e ispirati; il mal di schiena non ci dà tregua, ma questo come è noto per me è un fatto positivo.
Frau Braun Wolf: Siete a buon punto? Con chi avrà il piacere di lavorare questa volta?
Mimmo: Sicuramente si, siamo in fase avanzata per quanto riguarda l’aspetto musicale, ma la novità assoluta di questo lavoro è che noi ci stiamo occupando anche dell'ideazione, progettazione e confezione dei costumi di scena. Quanto agli artisti che parteciperanno, per il momento non posso dire molto di più, perché siamo ancora in fase di trattativa: molti sono amici con cui ho già lavorato in passato; questo progetto ci permetterà anche di trascorrere del tempo insieme, oltre lo spettacolo, e di rinverdire la nostra amicizia. Inoltre ci sarà un cammeo di una non professionista, cui ho deciso di affidare una piccola parte.
Frau Braun Wolf: Mi incuriosisce molto e penso incuriosisca molto anche i nostri lettori il fatto che siate voi a occuparvi dei costumi in prima persona: come mai?
Mimmo: Be’, a me piace cimentarmi in nuove sfide e questa lo è; poi anche per motivi di budget. Vorremmo rimanere bassi con i costi. Greg non percepirà compenso, mi onora come al solito della sua generosa amicizia; io ci rimetterò quasi di tasca, gli altri pure, se accetteranno, lo faranno per il piacere di lavorare con me. Ora le racconto come stiamo procedendo con i costumi. In un negozio di tessuti che stava chiudendo, ho acquistato a prezzi di realizzo delle stoffe bellissime. Con Greg abbiamo realizzato i cartamodelli, poi abbiamo tagliato le stoffe e ci siamo messi a cucire. Ho speso parecchio per la macchina, che è molto moderna e fa tanti punti, ma ci sono delle parti che devo cucire personalmente a mano: ad esempio le zampe e il becco del gallo; perquanto io di cuciture me ne intenda, devo dire che non è facile, e poi sa: io sono un perfezionista e se vedo che le cuciture non sono perfette, disfo tutto e ricomincio. Per una volta posso affermare che con Greg sta avvendendo il contrario di quello che avviene di solito: ora sono io il maestro e lui il discepolo; succederà come spesso succede che mi supererà, essendo molto dotato anche per il cucito e il taglio. Ci sta prendendo gusto e finiti i costumi cucirà un bel vestitino nuovo per il suo contrabbasso, e se ha il tempo anche uno per quello di Matteo.
Frau Braun Wolf: Herr Doktor, la mia stima per lei a sentirla parlare cresce a dismisura. Altre due domande e lascio lei e il suo amico al vostro lavoro. Vorrei sapere due cose, se può rispondermi: quali tappe toccherà la tournée del musical, e poi chi sarà l’attrice non professionista cui ha riservato un cammeo?
Mimmo: Una risposta per volta. Sicuramente andremo in giro per l’Italia, ancora non posso dire dove. E poi in Germania, il musical farà tappa a Brema. Sarà allestito il palco proprio nella Piazza del Municipio. Il mio sogno sarebbe portare il musical a Broadway. Forse è ancora prematuro parlarne. Per rispondere alla sua ultima curiosità: il cammeo è un mio regalo personale a Folgorata. Ho pensato di farle interpretare la parte della cuoca della padrona del gallo, da questa incaricata di tirargli il collo, al fine di lessarlo per gli ospiti; questo fa felice una persona e non mi comporta costi aggiuntivi, perché Folgorata mi ha detto che sarebbe disposta a indebitarsi, pur di avere la parte. Non ha bisogno di trucco e costumi di scena perché per il ruolo scelto è perfetta così com’è, al naturale, come quando prepara il sugo per i malloreddus a casa sua; appare giusto due minuti, anche meno. Il gallo, infatti, saputo che la cuoca vuole bollirlo, le becca gli occhi. Spetterà a me questo compito: non sarà un trucco, lo farò davvero; guardi il becco è già pronto e anche piuttosto duro. In questo modo ce la leviamo di mezzo per un po’: con le bende agli occhi non potrà certo scrivere le sue scemenze.
Frau Braun Wolf: Herr Doktor, ma è sicuro che posso scrivere tutto ma proprio tutto?
Mimmo: Scriva pure; tanto qui in Italia l’intervista non sarà pubblicata.
Frau Braun Wolf: La ringrazio per la sua cortese disponibilità; allora ci vediamo a Brema. Sarà un gallo bellissimo e bravissimo, ne sono certa!
Mimmo: Ringrazio io lei: è stato un piacere e un onore. Arrivederci a Brema.

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